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Hai visto mai. Editoriale del Dg Carlo Romeo

20 dic 2018
Hai visto mai. Editoriale del Dg Carlo Romeo
In realtà e nonostante le apparenze, oggi la situazione economica sammarinese - come sostiene Alan Friedman, che ormai San Marino la conosce - non è tragica per un Piccolo Stato che ha comunque un reddito pro capite indiscutibilmente alto, uno stile di vita nonostante tutto ancora parecchio invidiabile da parte degli altri Piccoli Stati e che in fondo riesce a gestire bene o male un rapporto con una UE il cui abbraccio non sempre è vitale.

Certo, dieci o venti anni fa si stava (apparentemente) meglio. Più soldi, d'accordo, una montagna di soldi che in altri Paesi sarebbe stata impensabile. Si trattava però di una situazione fasulla, che viveva sull'orlo di un vulcano attivo per andare di metafora, tutti convinti che tanto il vulcano non si sarebbe mai svegliato. E invece, fra il fatidico 11 Settembre e tutte le sue conseguenze fra cui la tracciabilità internazionale del danaro, mentre a San Marino dominavano lo squallido giro di fatture taroccate e i riciclaggi ai quattro formaggi, fra personaggi di importazione a cui è stata data improvvisa credibilità - acrobati oscillanti nel codice penale fra il millantato credito e l'accattonaggio molesto - in combinato disposto con i furbetti locali poco intelligenti (perché l'intelligenza è fatta di dubbi e prospettive), le cose sono finite come sono finite.

Il vero cuore del problema però oggi - sempre ovviamente a modesto parere di chi scrive - non è dunque la situazione economica ma la diffusa sfiducia collettiva, questa degenerazione di un tessuto sociale la cui compattezza un tempo era la sua principale forza. Si approfondiscono poco le cose, non c'è confronto di idee ma anzi si parte (grazie forse anche a un uso letale dei social) dalle proprie opinioni che invece di essere il punto di arrivo, dopo riflessioni e confronti, spesso diventano purtroppo un punto di partenza da cui peraltro neppure si parte più. Da lì il passaggio alle tifoserie rivali con le relative frange di hooligans, e quindi alla fine del dialogo è molto semplice. Ma dove finisce la parola, inizia solitamente sotto le sue varie forme la violenza.

Non ci si fida perché non ci si conosce e non ci si riconosce più. Spesso l'ultima spiaggia diventa la propria corporazione che cura solo piccolissimi interessi dei suoi adepti, ma il sistema corporativo penalizza come noto la collettività nella sua interezza. È ormai evidente a tutti che i tempi delle vacche grasse e comode ma piene di veleni sono finiti. Rimpiangere è stupido perché ciò che poi è successo, è esattamente il prodotto di quei veleni il cui peggior danno è stato proprio fare cadere un intero Paese in una sorta di depressione psicologica collettiva, disperata e disperante, fondata sulla sfiducia reciproca e nei confronti delle istituzioni.

Però. Perché un "però" forse si intravede. Qualcosa di nuovo in questo ambito, positivamente parlando, questo 2018 che va a morire infatti potrebbe anche lasciarcelo. Se ne parla da pochi giorni e ancora a mezza bocca (persino quasi con paura, timidezza o pudore o sia quel che sia in certi casi) ma il tavolo, anzi il Tavolo- perché la T maiuscola la merita quantomeno per il coraggio del tentativo - intorno al quale si sta riunendo il mondo che ha la responsabilità del futuro di questo Paese, potrebbe essere qualcosa di più di una speranza. Senza ovviamente farsi illusioni, occorre però considerare che intorno a questo Tavolo, su un progetto reale e concreto, si stanno riunendo realtà che sarebbe stato impensabile - almeno per me - immaginare anche solo all'inizio del 2018. Non è un albero ma è sicuramente un seme nel deserto.

Vediamolo il Tavolo. I sindacati con gli industriali, tutte le banche, maggioranza e opposizione, insomma tutti insieme - cosa non esattamente abituale - si stanno sedendo intorno a un progetto tecnico e non politico che può rappresentare un nuovo buon inizio, un altro fra i tanti che nei suoi corsi e ricorsi storici la Repubblica ha vissuto. Questo Tavolo insomma potrebbe essere il primo momento in cui torna un confronto vero e civile, pur nelle reciproche diversità e responsabilità, da parte di chi ha la responsabilità del futuro di quelle generazioni che la Reggenza incontra in questi giorni negli asili e nelle scuole elementari.

Nel momento in cui si riescono a mettere da parte personalismi, esibizionismi, narcisismi, interessi di bottega o di parte politica e non, i letali e stupidi tanto-peggio-tanto-meglio, e si condivide rapidamente un progetto forte e verificato, ben fondato e approfondito, ci vuole poco per un piccolo Paese, le cui cinghie di trasmissione sono molto corte, a rimettersi in moto e ripartire. Una occasione preziosa per esempio e per inciso è già stata persa quando in Italia la paura dell'uscita dell'euro ha spinto moltissimi piccoli risparmiatori, non solo i capitali medio alti, a studiare e immaginare banche non italiane in cui mettere al sicuro i propri risparmi, ove mai l'Italia appunto fosse tornata alla lira, allo scudo, al tallero o a quel che sia. Quel treno è probabilmente ormai perso perché San Marino, nonostante fosse il candidato ideale per una operazione del genere, non ha dato agli italiani quella idea di fiducia necessaria. San Marino, dico, e non le banche sammarinesi perché in Italia San Marino rappresenta come immagine un blocco unico. E così si torna alla fiducia, parola chiave della vicenda.

Perché è proprio questa la chiave. Se anche a San Marino si tornasse a pensare che si è tutti sulla stessa barca e che si deve remare tutti nella stessa direzione su una rotta condivisa perché segnata dall'emergenza, rinunciando ai primi piani in tv spesso poi pericolosi e scomodi, le cose cambiano - non "cambierebbero" - e lo fanno rapidamente. Se poi qualche imbecille pensa che è meglio che la barca affondi perché così il suo vicino è fregato, tocca che qualcuno gli spieghi che con il mare in burrasca questi calcoli sono appunto un po' rischiosi oltre che stupidi. E oggi ovunque di burrasca ce ne è quanta se ne vuole e anche di più.

Prepariamoci dunque a vedere come procede questo Tavolo. I suoi passi, i suoi tempi, le sue proposte, i suoi fatti. Ovviamente ci sarà sempre chi cercherà frammenti di riflettore, rifiutando occasione di dialogo, magari evocando esami del sangue eticamente puro che in tutte le realtà, compresa San Marino, sarebbe preferibile per carità di patria dimenticare per evitare un consistente spopolamento del territorio. Se il passato governa e condiziona il futuro, la Storia insegna già come regolarmente va a finire. Girare pagina non è una scelta ma un obbligo, ovviamente chiusi i conti con la giustizia umana e per chi ci crede con quella divina.

Meglio insomma avere il coraggio di guardare con attenta, ragionevole fiducia a questo progetto, sia per quello che dice sia per tutti coloro che lo promuovono. Questo serve oggi a San Marino - e forse non solo qui - per ricostruire una realtà e questo è possibile solo se si entra nella logica di un equipaggio che sta affrontando una tempesta e non ha tempo per litigarsi le scotte, le cime o gli estintori. Per avere fiducia, anche qui, occorre coraggio, concretezza e rigore. Lo si vedrà nei fatti se questo Tavolo funzionerà per affrontare il mare grosso. Lo si vedrà nella capacità di realizzare un nuovo momento di comune impegno, nell'interesse prioritario della collettività e quindi anche dei singoli, se questa oggi come oggi necessaria fiducia sarà ben riposta. Certo che all'orizzonte, al momento, altro non si vede, visto che tendono a dominare la scena pozzi avvelenati, pugnalate alle spalle e risse piuttosto volgari.

In sintesi, hai visto mai che recuperando nei solai della Repubblica il solito e solido vecchio tavolo di buona volontà, intorno al quale confrontarsi su scadenze e modi per affrontarle, agende alla mano, si possa finalmente girare pagina? Hai visto mai?

cr

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