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Industria: un contratto giusto e sofferto

14 dic 2012
Industria: un contratto giusto e sofferto
Industria: un contratto giusto e sofferto
L’esito del referendum contrattuale tra i lavoratori è andato oltre ogni aspettativa. Lo scorso contratto infatti, stipulato in un periodo sicuramente più florido e con degli aumenti salariali superiori, aveva ottenuto l’80% dei consensi, mentre questo, dopo trattativa durata quattro anni e un in periodo certamente nefasto per l’economia sammarinese, ha ottenuto il 72% dei voti favorevoli. Ciò a significare che c’è tanto di buono.
Nonostante poi le pressioni di altri soggetti sociali che lo hanno osteggiato in tutti i modi, compreso il tentativo di intaccare e svilire il valore del referendum nelle fabbriche e dopo averne firmato un secondo, si sono dovuti arrendere alla volontà della maggior parte dei lavoratori (compresi i dipendenti delle aziende associate Osla) che, ancora una volta, hanno dato dimostrazione di maturità.
Sono comunque dell’opinione che, probabilmente, è giunta l’ora di sotterrare l’ascia di guerra ed iniziare un civile rapporto con il terzo sindacato: questo porterà sicuramente beneficio a tutto il sistema operaio, che in questo modo non si troverebbe a dover scegliere da che parte stare e quale contratto firmare, chiaramente con regole ben precise e con numeri alla mano.
Sinceramente si poteva fare meglio, ma l’accordo è figlio di questa crisi e del momento che stiamo vivendo.
Non è stato facile, al primo attivo dei quadri, votare a favore, perché ho sentito tutto il peso di questa decisione, che avrebbe potuto modificare non solo la mia vita lavorativa, ma anche quella di tutti gli altri lavoratori.
Ma ho pensato che potesse ridare vitalità al settore industriale, per farlo uscire dalla crisi, e con esso anche ai suoi occupati, senza dimenticare i sacrifici che fino ad oggi sono stati fatti.
Sinceramente il nostro comparto industriale ha bisogno anche di altro per riqualificarsi, per confrontarsi con altre realtà più appetibili della nostra, ma comunque credo fortemente che non si poteva stare immobili ad aspettare gli eventi. La prima necessità era quella di riproporzionare gli stipendi al caro vita, per dare un po’ di respiro a migliaia di famiglie: tutto sommato, gli aumenti percentuale sono di tutto rispetto, se li paragoniamo ad altre realtà non distanti da noi.
Il contratto aveva bisogno di dare tranquillità a migliaia di lavoratori, alle aziende esistenti; soprattutto c’era la necessità di creare quel clima positivo, per permettere ad investitori stranieri di venir a fare impresa, senza lo spauracchio di scioperi e malumori.
Ci sono elementi che, di primo acchito, sembrano stridere con la crisi occupazionale in atto, ma se pensiamo alla tipologia delle nostre imprese, alla stagionalità, ci rendiamo conto che, contrariamente a quanto si possa pensare, sono stati messi dei paletti a comportamenti in essere, e che sono state introdotte delle gratificazioni per quei dipendenti a cui verrà richiesto uno sforzo lavorativo maggiore.
La Federazione Industria della CSU ancora una volta ha preso per mano questo paese, gestendo una crisi occupazionale in solitudine e dando alle imprese quegli elementi secondo loro necessari per continuare a fare impresa.
I lavoratori dell’industria hanno imboccato nuovamente la strada del sacrificio, per aver nuove speranze di un futuro migliore e per difendere i loro posti di lavoro. Di chiacchiere se ne possono fare tante, ma quello che è certo è che solo percorrendo la via della consapevolezza della drammaticità del momento, solo con i sacrifici e l’equità con cui tali sforzi dovranno essere fatti, potremo vedere la luce in fondo al tunnel.

Comunicato stampa Alessandro Semprini - Direttivo Federazione Industria CDLS

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