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Populorum Progressio di Paolo VI: convegno per una nuova visione dell’economia

9 nov 2007
Un'immagine del convegno
Un'immagine del convegno
Un convegno per commemorare ma soprattutto per favorire una riflessione sulle scelte di oggi nell’ambito della solidarietà e in quello di una nuova visione dell’economia e della finanza. Così il Presidente dell’Ente Cassa di Faetano Fabio Gasperoni spiega la scelta di dedicare due giornate ai 40 anni della Populorum Progressio di Paolo VI, sottolineando che Don Oreste Benzi, appena scomparso, ha totalmente incarnato e testimoniato i valori dell’Enciclica.
E’ stato, ricorda il Vescovo Luigi Negri, il primo tentativo di utilizzare il Concilio come chiave di lettura delle problematiche sociali. Il problema dello sviluppo è il problema del mondo affrontato da una Chiesa che ha vissuto la grande stagione conciliare ma che non ha ancora preso coscienza delle decisioni assunte in quella sede. La tesi di fondo della Populorum Progressio è che la pace non si può separare dallo sviluppo mentre, fino a quel momento, la pace era intesa come assenza di guerra. Paolo VI, dice Negri, ha sfondato qualsiasi confine di tipo contingente anticipando quello che i sociologi avrebbero poi chiamato “villaggio globale”. Ma 40 anni fa si affacciano, sottolinea il Vescovo, inquietanti compagni di viaggio: la tecnoscienza e l’alternativa radicale tra due concezioni del mondo, anche se presto si capisce che il vero potere è quello economico, in grado di dominare la realtà politica. Allora come si costruiscono pace e sviluppo? Con una forte istanza etica, risponde Negri perché come disse Pascal “l’uomo supera infinitamente l’uomo” e “si può costruire un umanesimo senza Dio ma è un umanesimo inumano”.
A Monsignor Sergio Sisto Severi il compito di raccontare 40 anni di attività sociale a San Marino insieme alle associazioni culturali della Repubblica e di tracciare il segno della profezia dalle encicliche di Leone XIII a quelle di Giovanni Paolo II. Dalla Rerum Novarum ad oggi, ha detto, la Chiesa ha intuito la grandiosità di un percorso che ha avuto la capacità di resistere, in un tempo durissimo, alla tentazione dell’ideologia ribadendo che è l’uomo il fine di ogni organizzazione.

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