Sanità Integrativa: opinioni diverse, nel Sindacato, sulla soluzione ipotizzata da Belluzzi

Considerati i gap che inevitabilmente il sistema pubblico lascerà sul terreno, occorrerà delineare a San Marino un quadro normativo di sanità integrativa. Così aveva detto, nel corso del Convegno sul ruolo delle assicurazioni, Marco Micocci. La sua è un'opinione di peso, essendo uno dei 3 consulenti, scelti dall'ISS, per lavorare sulla riforma previdenziale. E che sul Titano si possa andare in tale direzione, è stato confermato – proprio in quella occasione - dal segretario di Stato Belluzzi. Scelte cruciali, per il futuro del Paese; ma la notizia è passata sostanzialmente inosservata, forse per il carattere estremamente tecnico del convegno. In Italia, invece, è in atto da tempo un vivace dibattito sulla sanità integrativa. Se passasse questo principio, ammoniscono alcuni, la salute cesserebbe di essere un diritto universalistico, a favore invece di meccanismi di natura contrattuale e di una privatizzazione strisciante. Tutto ciò, specie in tempi di crisi, con gravi ripercussioni sui meno abbienti. Contrario, ad uno scenario come quello ipotizzato al Kursaal, il segretario della CDLS, che si dice convinto che le risorse per una sanità pubblica efficiente si possano trovare. Ma soprattutto, per Marco Tura, è una questione di principio. “Uno dei pilastri del Paese – sostiene - è la solidarietà, e qualunque processo – anche parziale –, di privatizzazione della Sanità, andrebbe a collidere con questo valore”. Più possibilista Giuliano Tamagnini. “La sanità integrativa – afferma il segretario CSDL – non la considero un tabù. E' un terreno che si può calcare, ma va gestita sul piano politico e sociale, in modo condiviso. La parte pubblica deve rimanere, ma sarebbe una buona cosa stipulare assicurazioni su prestazioni che già oggi non vengono più garantite”. “Dipende cosa si intende per sanità integrativa – dice il segretario dell'USL Francesco Biordi -. Se fosse un terzo pilastro di tipo mutualistico, con ricadute di un certo tipo sul sociale, non sarebbe da escludere; tutto ciò, ovviamente, nell'ambito di una riforma pensionistica. Se si trattasse invece di una privatizzazione tout court della sanità – conclude Biordi - equivarrebbe a smontare il nostro welfare”.

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