Il nuovo stabilimento Alutitan a Chiesanuova non si farà. L’ecomostro, come è stato ribattezzato dagli oppositori, non verrà realizzato. Governo e proprietà hanno trovato un accordo che scongiura la costruzione del mega stabilimento che doveva assicurare lo spazio necessario all’ampliamento dell’impresa e prevede invece una soluzione alternativa: la ricerca di un’area idonea nel territorio sammarinese nella quale trasferire parte dell’attività dell’azienda.
Nessun rischio per l’attuale stabilimento operante a Chiesanuova e neppure per l’occupazione dei dipendenti in forza all’Alutitan.
Una scelta difficile che cerca di risolvere una questione delicata e, pur senza minare i diritti e le aspirazioni di chi fa impresa, cerca di salvaguardare il territorio esiguo della Repubblica.
L’azienda conferma il progetto di sviluppo, lo congela temporaneamente in attesa di individuare un’area alternativa, ma si dichiara pronta a riconsiderarlo nel caso si rivelasse impossibile una sua individuazione.
59 dipendenti, una presenza ventennale sul territorio sammarinese, l’Alutitan aveva annunciato da tempo l’intenzione di ampliare la propria attività ipotizzando l’assunzione di 45 nuovi lavoratori nell’arco di tre anni.
Forti le reazioni nel castello di Chiesanuova da parte degli abitanti, ma anche dalle associazioni ambientaliste. Proteste nelle quali si sono inserite invece prese di posizione a favore da parte dell’Anis e dei Sindacati.
Una querelle che si chiude definitivamente, in attesa della soluzione alternativa, ma che pone con prepotenza una riflessione sullo sviluppo economico e industriale del Paese.
In particolare i Segretari di stato all’industria, al lavoro e al territorio, mettono l’accento sulle scelte urbanistiche del passato, “quando – spiegano – si è voluto creare un’area produttiva per ogni Castello. Una scelta che oggi – aggiungono – non ha più alcuna ragione”.
Di qui la volontà di riconsiderare i criteri in vista del prossimo piano regolatore generale, che non potrà più prevedere una simile diffusione di zone industriali, ma un maggiore rispetto dell’ambiente, per un territorio che non è illimitato ed è irriproducibile.
Allo studio anche interventi in favore di una riduzione dei consumi energetici e dell’inquinamento acustico, unitamente ai disincentivi per nuove iniziative imprenditoriali che richiedano ampi spazi operativi.
Nessun rischio per l’attuale stabilimento operante a Chiesanuova e neppure per l’occupazione dei dipendenti in forza all’Alutitan.
Una scelta difficile che cerca di risolvere una questione delicata e, pur senza minare i diritti e le aspirazioni di chi fa impresa, cerca di salvaguardare il territorio esiguo della Repubblica.
L’azienda conferma il progetto di sviluppo, lo congela temporaneamente in attesa di individuare un’area alternativa, ma si dichiara pronta a riconsiderarlo nel caso si rivelasse impossibile una sua individuazione.
59 dipendenti, una presenza ventennale sul territorio sammarinese, l’Alutitan aveva annunciato da tempo l’intenzione di ampliare la propria attività ipotizzando l’assunzione di 45 nuovi lavoratori nell’arco di tre anni.
Forti le reazioni nel castello di Chiesanuova da parte degli abitanti, ma anche dalle associazioni ambientaliste. Proteste nelle quali si sono inserite invece prese di posizione a favore da parte dell’Anis e dei Sindacati.
Una querelle che si chiude definitivamente, in attesa della soluzione alternativa, ma che pone con prepotenza una riflessione sullo sviluppo economico e industriale del Paese.
In particolare i Segretari di stato all’industria, al lavoro e al territorio, mettono l’accento sulle scelte urbanistiche del passato, “quando – spiegano – si è voluto creare un’area produttiva per ogni Castello. Una scelta che oggi – aggiungono – non ha più alcuna ragione”.
Di qui la volontà di riconsiderare i criteri in vista del prossimo piano regolatore generale, che non potrà più prevedere una simile diffusione di zone industriali, ma un maggiore rispetto dell’ambiente, per un territorio che non è illimitato ed è irriproducibile.
Allo studio anche interventi in favore di una riduzione dei consumi energetici e dell’inquinamento acustico, unitamente ai disincentivi per nuove iniziative imprenditoriali che richiedano ampi spazi operativi.
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