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Carcano, Capo Missione Avsi in Congo, su Ambasciatore Attanasio: “Ruolo istituzionale altissimo, profonda umanità”

di Annamaria Sirotti
23 feb 2021

Testimonianza del Capo Missione della Fondazione AVSI nella Repubblica Democratica del Congo, Nicolò Carcano, che a Goma (RDC) vive e opera, insieme ai volontari AVSI, impegnati in progetti a sostegno della popolazione locale.

“La prima volta che ho incontrato l'Ambasciatore Attanasio è stato a febbraio 2020, quando venne in missione da Kinshasa a Goma, per incontrare gli italiani residenti nell'est del Congo. Ci aveva detto che avrebbe svolto missioni periodiche, per mantenere il contatto con gli italiani presenti in questo Paese, un Paese quasi continentale per estensione. L'ho conosciuto in un ambito non ufficiale, durante un aperitivo in un ristorante italiano di Goma, e ho avuto il piacere di incontrare una persona che incarnava, insieme, un ruolo istituzionale altissimo, una serietà ineccepibile, ma anche di una umanità e una disponibilità mai sperimentata prima. Ha fatto tutto quello che ha potuto fare per darci una mano. Conservo il ricordo di una persona assolutamente straordinaria”.



Che idea si è fatto rispetto a quello che è successo?

“Io quella strada l'ho percorsa e lo hanno fatto, una volta a settimana per circa due anni, i miei colleghi perché, come AVSI, abbiamo un ufficio di coordinamento a Goma e avevamo un progetto nella zona di Rutshuru. E' la strada in cui Luca Attanasio ha perso la vita. Tutte le strade del Congo possono diventare all'improvviso pericolosissime. Per noi è normale. Non sono mai salito su una una macchina senza chiedere quello che si chiama un 'check sicurezza', senza avere un responsabile sicurezza. E' una persona locale che ha contatti, che monitora la situazione rispetto al passaggio dei veicoli. Nei casi peggiori, occorre negoziare i passaggi con i gruppi armati presenti in territorio, che controllano ciascuno un pezzo di territorio, ma quando ci si riesce a mettere d'accordo riusciamo sempre a garantire di arrivare fino all'ultimo beneficiario. Sono certo che nella macchina su cui viaggiava Attanasio ci fosse un responsabile sicurezza e sono certo siano stati fatti tutti i check. Che qualcosa sia andato storto, è evidente. Resta lo stupore.... in certi contesti la sicurezza viene sempre prima di tutto”.

Il contesto in cui lei vive e opera e i progetti che AVSI sviluppa in Congo?

"L'est del Congo vive da più di 50 anni in una condizione di perenne instabilità dovuta a scontri che sono stati guerra aperta, scontri che derivano dalla presenza di circa 120 gruppi armati ribelli che non riconoscono il Governo di Kinshasa e il Governo provinciale. Sono forze destabilizzanti, che rendono lo sforzo immane del Governo e dei militari regolari nel controllo del territorio quasi impossibile. E' un territorio troppo vasto, le infrastrutture non esistono - stiamo parlano di strade sterrate, quando va bene, o addirittura buche, sassi, fango - per di più c'è questa presenza militare irregolare che rende la situazione volatile, instabile, soggetta a cambiamenti repentini in funzione di variabili che non possiamo capire. In questo contesto Fondazione AVSI implementa progetti a sostegno della popolazione, che, come sempre, è quella che vive due volte il problema: sia della lontananza del Governo centrale, sia della vicinanza di questi gruppi armati, che attaccano indiscriminatamente villaggi, colpendo donne, bambini, uomini. Facciamo progetti che vertono sulle tematiche dell'educazione, della protezione dell'infanzia, della sicurezza alimentare. Perché un altro dei grandi problemi è l'impossibilità di coltivare i campi: nel momento in cui tu coltivi il tuo campo e arriva il responsabile di un gruppo armato e ti ruba il raccolto... tu non puoi fare niente, perché, se no, lui ti spara. Interveniamo dal punto di vista della sicurezza alimentare e contro la malnutrizione, che è una delle principali cause di morte dei bambini tra un giorno di vita e i 5 anni”.




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