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Caso Paragon, scontro con il Copasir: “È stato il governo italiano a rifiutare la collaborazione”

L’azienda israeliana smentisce la versione ufficiale: interrotti i contratti dopo il mancato via libera a verifiche su possibili abusi dello spyware Graphite contro giornalisti e attivisti.

9 giu 2025
L'homepage di Fanpage
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Caso Paragon, lo scandalo sul presunto uso improprio dello spyware Graphite contro attivisti e giornalisti italiani, si arricchisce di un nuovo capitolo. In una nota ufficiale, l’azienda israeliana Paragon Solutions ha dichiarato di aver rescisso unilateralmente i contratti con il governo italiano dopo che quest’ultimo avrebbe rifiutato di collaborare a verifiche tecniche per accertare eventuali violazioni.

Secondo Paragon, la sua tecnologia è venduta esclusivamente a forze dell’ordine e agenzie di intelligence di paesi democratici, con l’unico scopo di contrastare terrorismo e criminalità. L’uso del software contro giornalisti come Francesco Cancellato (direttore di Fanpage.it) o attivisti come Beppe Caccia e Luca Casarini rappresenterebbe una chiara violazione delle condizioni d’uso.

La società afferma inoltre di aver offerto una collaborazione formale al governo e al parlamento italiani per verificare l’uso dello spyware, ma che l’esecutivo si sarebbe tirato indietro. Di conseguenza, Paragon avrebbe disattivato l’accesso ai suoi sistemi per tutti i clienti italiani e interrotto ogni rapporto contrattuale.

Una posizione che smentisce diversi passaggi della relazione del Copasir. Secondo il Comitato parlamentare, la rescissione del contratto sarebbe stata una decisione condivisa tra i servizi italiani Aise e Aisi e la stessa Paragon, e la società non avrebbe accesso ai dati dei soggetti spiati né saprebbe chi viene monitorato.

Paragon, invece, sostiene che sarebbe in grado di effettuare verifiche tecniche, qualora l’Italia ne facesse richiesta ufficiale, cosa che – precisa – non è mai avvenuta. La nota si conclude con la disponibilità dell’azienda a collaborare con eventuali indagini, parlamentari o giudiziarie.





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