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I “cervelli” se ne vanno dall'Italia: la fuga dei laureati cresce del 41,8% rispetto al 2013

I “cervelli” se ne vanno dall'Italia: la fuga dei laureati cresce del 41,8% rispetto al 2013.

Decidere di formarsi o fare un'esperienza formativa all'estero è senz'altro un plus per uno studente o un giovane professionista che, così facendo, avrà la possibilità di interagire con “altri mondi” e di ampliare le proprie conoscenze. Si parla di “fuga di cervelli” (brain drain in inglese) quando invece la decisione di andarsene dal proprio Paese è un obbligo per la scarsità di opportunità o per il mancato riconoscimento, anche economico, della propria professionalità.

In Italia la quota dei giovani con una laurea è aumentata costantemente durante l'ultimo decennio, ma resta comunque inferiore rispetto agli altri Paesi Ocse. Un fenomeno, come emerge dal Rapporto sul sistema universitario 2021 della Corte dei Conti, "riconducibile sia alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che la laurea non offre, come in area Ocse, possibilità d'impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore". E le limitate prospettive occupazionali, con adeguata remunerazione, "spingono sempre più laureati a lasciare il Paese, con un aumento del +41,8% rispetto al 2013".
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Nell'osservare il mancato accesso o l'abbandono dell'istruzione universitaria dei giovani provenienti da famiglie con redditi bassi, la Corte dei conti attribuisce la circostanza, "oltre che a fattori culturali e sociali, al fatto che la spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie, vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti".

Il referto della Corte dei conti evidenzia inoltre profili di criticità nell'ambito della ricerca scientifica in Italia con particolare attenzione a quella del settore università: "nel periodo 2016-2019 l'investimento pubblico nella ricerca appare ancora sotto la media europea", mentre le attività di programmazione, finanziamento ed esecuzione delle ricerche si caratterizzano "per la complessità delle procedure seguite, la duplicazione di organismi di supporto, nonché per una non sufficiente chiarezza sui criteri di nomina dei rappresentanti accademici in seno ai suddetti organismi, tenuto conto della garanzia costituzionale di autonomia e indipendenza di cui all'art. 33 della Costituzione".

Risultano, poi, ancora poco sviluppati i programmi di istruzione e formazione professionale, le lauree professionalizzanti in edilizia e ambiente, energia e trasporti e ingegneria, "e mancano i laureati in discipline Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e questo incide negativamente sul tasso di occupazione".
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