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“La Pala di San Leo non è di Sandro Botticelli”, lo storico dell'arte Marchi spegne gli entusiasmi

Secondo il direttore del Forte leontino, che sta per pubblicare uno studio sull'opera, il dipinto andrebbe attribuito a Luca di Frosino, probabilmente allievo del maestro fiorentino

di Filippo Mariotti
19 nov 2020
Nel riquadro, lo studioso Alessandro Marchi
Nel riquadro, lo studioso Alessandro Marchi

Secondo lo storico dell'arte Alessandro Marchi, la Pala di San Leo non è di Sandro Botticelli. “Sono dispiaciuto, ma credo che la verità vada perseguita sopra ogni cosa, anche se è meno bella e fascinosa dell’immaginazione”, ha affermato in un'intervista rilasciata a Elisa Dall'Ara del Corriere Romagna. L'attribuzione al maestro fiorentino della 'Venere' era stata proposta dalla studiosa d’arte Annalisa Di Maria, che assieme al collega Andrea da Montefeltro, ha analizzato il dipinto - raffigurante una Madonna con Gesù Bambino tra San Leone e San Marino - nei suoi particolari. La rivelazione, lo scorso settembre, durante un convegno di arte sacra a San Leo, al quale i due hanno partecipato in qualità di membri del Comitato di arte e letteratura del Centro per l’Unesco di Firenze. La pala risale alla fine del 1400 ed è custodita nel Museo Diocesano da quando è stato aperto. 

Alessandro Marchi, funzionario Mibact e direttore del Forte di San Leo, sta proprio lavorando a una pubblicazione scientifica sulla Pala di San Leo che, secondo i suoi studi, sarebbe stata dipinta da Luca di Frosino, probabilmente allievo di Botticelli. Marchi ha le prove: “Abbiamo un documento [...] – rivela lo studioso –, una sorta di diario per la commissione della Pala. È un libro dei conti, questi libri nella storia dell’arte sono molto importanti: ci sono tutte le fasi di un’opera, fino al saldo finale”. Dal documento si evince chiaramente che, nel 1486, gli “omini et Comune di Santo Leo de Montefeltro” pattuirono con Luca di Frosino un compenso di 28 fiorini, per una pala d’altare che doveva essere tipicamente rinascimentale. In pratica è “una registrazione nel tempo di tutte le fasi che portano alla realizzazione del dipinto”.

C'è poi la questione dello stile e della qualità. “Ci sono opere eccelse come la Primavera, o la Calunnia, che tolgono il fiato. Ma ci sono opere che sono state dipinte nella bottega di Botticelli – sottolinea Marchi -, che era una delle più prolifiche, si parla di 80 persone che la frequentarono, tra allievi e collaboratori. Le opere uscivano tutte col marchio “Sandro Botticelli”. La qualità è confrontabile, si vede benissimo, a volte anche senza studio”. Nel caso specifico, confrontando la Pala leontina e le opere originali di Botticelli, si nota “uno stacco”. E fa un paragone: “La Madonna della melagrana di Botticelli è dello stesso anno della Pala di San Leo. Se le guardi, vedi la somiglianza, ma una toglie il fiato, l’altra rimane parecchio più indietro”. La sensazionale scoperta andrebbe dunque ridimensionata. Fatto che – va sottolineato – non toglie nulla all'interesse artistico e culturale della “capitale” del Montefeltro. 



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