Le piste da sci restano chiuse almeno fino al 5 marzo. Lo ha deciso il ministro della Salute Speranza sentito il Cts che giudica la riapertura troppo rischiosa.
Una presa di posizione non condivisa dal ministro al Turismo Massimo Garavaglia, che chiede indennizzi adeguati per la montagna. Nell'ordinanza del ministro Speranza sullo sci "è mancato il rispetto per i lavoratori della montagna. Per l'Italia serve un modello buono, come quello del Veneto", ha dichiarato. "Non entro nel merito del metodo - ha spiegato- ma non può funzionare così". Il ministro chiede incentivi per chi lavora in montagna e che si parli "non di turismo, ma di industria del turismo". "La montagna è stata dimenticata, non è arrivato nulla se non qualche briciola", ha detto il ministro. "Per ripartire - ha aggiunto - servono due cose fondamentali: finalmente programmazione, non si può sapere il giorno prima cosa si fa il giorno dopo, e poi lavorare per mantenere la competitività del nostro sistema montagna. Quindi bisogna usare i soldi del Recovery per fare investimenti mirati, per ripartire alla grande come la nostra montagna sa fare".
Arriva presto la replica di Speranza. "Mai fatto polemiche in questi mesi. E non ne faccio ora. Dico solo che la difesa del diritto alla salute viene prima di tutto", ha detto il ministro. La decisione sugli impianti di sci, confermano fonti di Palazzo Chigi interpellate dall'Ansa, è stata condivisa nel governo. Le stesse fonti rimandano alla nota diffusa dal ministero della salute in cui si ricorda che "il provvedimento tiene conto dei più recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall'Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante VOC B.1.1.7, detta variante UK e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi. La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti del virus SARS-CoV-2 ha portato all'adozione di misure analoghe in Francia e in Germania". Nella nota della Sanità si ricorda che sono previsti, "al più presto", ristori per il settore.
Secondo la Coldiretti, la chiusura degli impianti anche nell'ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti non solo sulle piste da sci ma sull'intera economia che ruota intorno al turismo invernale che ha un valore stimato prima dell'emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all'anno tra diretto, indotto e filiera. Lo stop alla ripresa dello sci è una decisione destinata ad avere effetti non solo sulle piste, ma anche sull'intero indotto delle vacanze in montagna, dall'alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe con la produzione dei pregiati formaggi, che dallo stop al turismo sulla neve hanno subito un calo di fatturato fino al 90%.
C'è chi però non accetta lo stop del governo. Nella Piana di Vigezzo, 1.720 metri nel Comune di Craveggia (Vco), i gestori della stazione sciistica hanno deciso di aprire gli impianti. "Ancora venerdì la Regione ci aveva assicurato l'apertura e noi abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. Così lo abbiamo fatto", dice Luca Mantovani, titolare della società che gestisce gli impianti nella valle a ridosso del Canton Ticino.