LETTERA

Sardine, scrivono i fondatori: "In Italia rivolta popolare pacifica, non saremo un partito"

Sardine, scrivono i fondatori: "In Italia rivolta popolare pacifica, non saremo un partito".

"La pentola era pronta per scoppiare, le sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare. L' Italia è nel mezzo di una rivolta popolare pacifica che non ha precedenti negli ultimi decenni. Chi cercherà di osteggiarla sentirà solo più acuto il fischio, chi tenterà di cavalcarla rimarrà deluso". Scrivono così i quattro fondatori delle Sardine - Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni - in una lettera a Repubblica in apertura di prima pagina.

E aggiungono: "La forma stessa di un partito sarebbe un oltraggio a ciò che è stato e che potrebbe essere. E non perché i partiti siano sbagliati, ma perché veniamo da una pentola e non è lì che vogliamo tornare". "Chiedere che cornice dare a una rivolta è come mettere confini al mare. Noi ci chiediamo ogni giorno come fare, e ci sentiamo ridicoli, inadatti e impreparati... ma finalmente liberi", scrivono i quattro ragazzi. "L'unica certezza che abbiamo è che siamo stati sdraiati per troppo tempo. E che ora abbiamo bisogno di nuotare". I quattro trentenni raccontano il percorso che li ha portati dalla manifestazione del 14 novembre a Bologna a quella del 14 dicembre in piazza San Giovanni a Roma, fino alla riunione del giorno seguente.

Oggi "siamo quattro trentenni come ce ne sono tanti in Italia. Il processo che abbiamo contribuito a creare sarà lungo ma intanto è iniziato. E per quanto possiamo essere qualcuno all'interno delle piazze, dei nostri collettivi e dei nostri circoli, non siamo nessuno all'interno di questo processo", osservano. "Le sardine non esistono, non sono mai esistite. Sono state solo un pretesto. Potevano essere storioni, salmoni o stambecchi. La verità è che la pentola era pronta per scoppiare. Poteva farlo e lasciare tutti scottati. Per fortuna le sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare", sottolineano. "Non è stato grazie a noi, né tantomeno a chi ha organizzato le piazze dopo di noi. È stato grazie a un bisogno condiviso di tornare a sentirsi liberi. Liberi di esprimere pacificamente un pensiero e di farlo con il corpo, contro ogni tentativo di manipolazione imposto dai tunnel solipsistici dei social media. La condivisione dello stesso male ci ha resi alleati coesi, ha unito il fronte".


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