Gaza: si allontana l'ipotesi di un cessate il fuoco. Israele si prepara all'offensiva su Rafah

Piena escalation in Medio Oriente. Possibile già questa settimana, secondo la CNN, un attacco simultaneo contro lo Stato Ebraico da parte di proxy iraniani; come rappresaglia per lo il raid sul consolato di Damasco

Ormai consueto lo schema: prima gli annunci di una imminente svolta nei negoziati; poi gli inviti alla prudenza, fatti filtrare da fonti spesso coperte dall'anonimato; infine la doccia gelata. Inequivoco Netanyahu – nelle scorse ore - nel rimarcare come già vi sia una data per l'offensiva su Rafah. Proprio ciò che l'Amministrazione Biden aveva tentato in ogni modo di scongiurare, probabilmente anche per ragioni di politica interna: già fonte di grave imbarazzo, infatti – con una campagna elettorale nel vivo –, l'abnorme quantità di vittime civili nella Striscia. Un'operazione di terra dell'alleato, al valico con l'Egitto, rischierebbe di fare definitivamente precipitare la situazione; peraltro con Teheran alla ricerca di una vendetta, dopo lo strike a Damasco contro i vertici Pasdaran. Lo scenario prospettato dalla CNN – che ha citato persone vicine all'intelligence americana – è quello di un attacco simultaneo su larga scala da parte di milizie proxy, forse già questa settimana; l'Iran sarebbe insomma orientato ad evitare un coinvolgimento diretto. Ma l'escalation è comunque oggettiva. In questo clima la posizione tutta da decifrare di Hamas; che starebbe studiando la proposta statunitense per Gaza: cessate il fuoco di 6 settimane, e rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi, in cambio della liberazione di donne e bambini israeliani in ostaggio. Dall'altra parte tuttavia l'ovvia considerazione di come le parole di Netanyahu, circa un imminente attacco su Rafah, sollevino “interrogativi sullo scopo” della ripresa delle trattative. “Qualsiasi negoziato dipende dalla fine dell'aggressione”, è stato sottolineato dalla fazione islamista. In stallo, insomma, i colloqui. Mentre proseguono i bombardamenti. A Khan Younis sarebbero stati trovati tra le macerie i corpi di 46 palestinesi. Oltre 33.200 – secondo fonti locali – le vittime, dall'inizio delle operazioni. Situazione che ha portato ad un progressivo deterioramento delle relazioni – fino al 7 ottobre pragmaticamente collaborative - fra Stato Ebraico e Turchia. Ankara ha imposto oggi limiti alle esportazioni di numerosi beni verso Israele, compresi prodotti in acciaio, ferro e alluminio.

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