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Germania: brusca frenata della produzione industriale ad ottobre

Notizie non buone per l'economia del Paese considerato la “locomotiva d'Europa”. Uno degli effetti collaterali – secondo alcuni – della “guerra dei dazi” innescata da Trump

7 dic 2019

A giudicare dagli ultimi dati diffusi dall'ufficio di statistica tedesco, sembrerebbe inceppato il motore della maggiore economia dell'Eurozona, con possibili pesanti ricadute sulle possibilità di crescita degli altri paesi del Vecchio Continente. I numeri parlano chiaro: in Germania, ad ottobre, la produzione industriale è crollata del 5,3%, rispetto allo stesso mese del 2018. Si tratta del più grave calo, dalla crisi globale di 10 anni fa. Male il settore auto, tradizionale cavallo di battaglia della manifattura tedesca; ma la debolezza si sta estendendo anche ad altri comparti, come quello delle costruzioni. Berlino, di recente, aveva schivato di un soffio l'ingresso in recessione tecnica, segnando uno 0,1% di crescita nel terzo trimestre; e questo grazie anche ad una maggiore spesa pubblica. Sembrava chiaro, tuttavia, non si trattasse di una vera e propria inversione di quel trend negativo, di cui si era parlato più volte negli ultimi tempi, anche da parte della nostra emittente. Tra le cause dell'impasse l'incertezza, determinata dal dossier Brexit; ma soprattutto la “politica dei dazi” sulla quale insiste Donald Trump, che agli accordi multilaterali preferisce trattative dirette, con stop-and-go improvvisi, minacce e concessioni. Ultimo atto l'annuncio di tariffe punitive, fino al 100%, su 2,4 miliardi di dollari di importazioni dalla Francia, come risposta alla web tax, che penalizza i big statunitensi della tecnologia in Europa. Ma l'emblema di questa strategia, è forse la vera e propria guerra commerciale innescata con la Cina. Se a novembre si pensava che un'intesa fosse vicina, a fine mese il Presidente americano ha firmato la legge a sostegno dei manifestanti di Hong Kong, provocando forte irritazione a Pechino e lo slittamento dell'accordo sui dazi, utilizzati dall'Amministrazione Trump a sostegno dell'occupazione interna, e di vari settori della produzione. Tutto ciò, ovviamente, con gravi conseguenze anche per l'Italia, specie nell'agroalimentare: punta di diamante dell'export del Belpaese oltreoceano. A pesare, probabilmente, l'avvicinamento di Roma alla Cina – o quantomeno la percezione di ciò, a Washington – in relazione al maxiprogetto infrastrutturale della Nuova Via della Seta.


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