
E' stato forse l'unico risultato tangibile dei recenti colloqui ad Istanbul, lo scambio di prigionieri. Nelle scorse ore la seconda fase: 307 persone rimpatriate, da ciascuna delle parti belligeranti. Il prossimo step dovrebbe essere quello conclusivo, secondo la formula 1.000 a 1.000. Al netto di questa dimostrazione di buona volontà, poco o nulla è cambiato sul fronte diplomatico. Mosca pare poco incline ad interrompere le ostilità; con l'estate alle porte, e la convinzione di poter guadagnare ulteriore terreno. Lavrov ha liquidato come “poco realistiche” le ipotesi di negoziati in Vaticano. Avrebbe nel frattempo mostrato disponibilità, ad ospitare eventuali colloqui, la Svizzera; mentre Zelensky chiede nuove sanzioni contro Mosca. Sullo sfondo continui raid da remoto con droni; da una parte e dall'altra. Si starebbero insomma rivelando velleitari i tentativi di Washington di “congelare”, quantomeno, il conflitto. Per il resto continua ad essere l'imprevedibilità la cifra di questo avvio di secondo mandato presidenziale per Trump. Come dimostrato dalle politiche commerciali. Dirompenti, ieri, gli effetti sulle borse dei nuovi annunci. Nel mirino Bruxelles, con la prospettiva choc di dazi al 50% a partire dal primo giugno. Da qui un immediato confronto fra il Commissario al Commercio ed i negoziatori americani. “Siamo pronti a difendere i nostri interessi”, ha messo in chiaro Maros Sefcovic. Nome ben conosciuto a San Marino per il suo impegno sull'Accordo di Associazione. Titano che peraltro si troverebbe in una situazione particolare, qualora lo scenario prospettato dalla Casa Bianca dovesse effettivamente concretizzarsi. Con un teorico differenziale tariffario a proprio favore del 40%, rispetto ai Paesi dell'Unione, nel commercio con gli Stati Uniti. All'origine della minaccia formulata ieri da Trump – secondo il Wall Street Journal – la riferita irritazione per la lentezza nei negoziati con l'UE; ed una presunta riluttanza di questa nel presentare offerte che tengano conto delle preoccupazioni di Washington.