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Israele: cresce la tensione dopo gli scontri a Gerusalemme. Dura risposta di Tsahal ai lanci di razzi

Venti di guerra in Medio Oriente. Smentiti dall'esercito dello Stato Ebraico bombardamenti nel sud del Libano, in risposta a lanci di razzi

6 apr 2023

Tutti gli elementi per una nuova tempesta perfetta, in Medio Oriente; dove l'azione di forza della polizia dello Stato Ebraico, sulla Spianata delle Moschee, rischia di innescare una fase di conflitto ad alta intensità. Mondo arabo in subbuglio; a fronte della consueta e generica “estrema preoccupazione” di Washington e Bruxelles. Non così diplomatico il Segretario Generale ONU. “Sconvolto” – ha fatto sapere ieri un portavoce – dalle immagini delle “violenze” da parte delle forze di sicurezza israeliane – è stato detto - all'interno della moschea di al-Aqsa. Epicentro di tensioni endemiche, Gerusalemme.

A complicare il quadro la concomitanza della Pasqua ebraica e del Ramadan, e le turbolenze politiche in Israele. Da Gaza ripetuti lanci di razzi. Dura la risposta di Tsahal; che con aviazione ed artiglieria ha martellato le postazioni di Hamas nella Striscia. Ciò che è accaduto poi rientra nel classico schema dell'escalation: la solidarietà di Hezbollah ai gruppi armati palestinesi; i razzi lanciati dal vicino Libano. Si è parlato di un bombardamento di risposta israeliano; smentito però dall'esercito. Convocato da Netanyahu il Gabinetto di sicurezza.

Venti di guerra, sulla sponda orientale del Mediterraneo; “mine sociali” in Europa, con l'undicesima giornata di proteste, in Francia, contro la riforma delle pensioni. Macron era altrove. A Pechino l'incontro con Xi Jinping; per ragionare su vie d'uscita diplomatiche al conflitto in Ucraina. Dal leader della Repubblica Popolare, a quanto pare, disponibilità a chiamare Zelensky “al momento opportuno”. Colloqui trilaterali, alla Grande sala del popolo, vista la presenza anche della Presidente della Commissione UE. La spedizioni di armi dalla Cina alla Russia nuocerebbe “significativamente” ai rapporti tra Bruxelles e Pechino, ha ammonito von der Leyen; che ha invitato Xi ad usare la propria influenza nei confronti di Mosca. Ma i margini paiono inesistenti: “per ora non ci sono prospettive per una soluzione pacifica”, ha fatto sapere il Cremlino; che rafforza intanto la cooperazione militare con la Bielorussia.

Dall'altra parte il consigliere presidenziale ucraino Podolyak ha ribadito la necessità, per intraprendere un negoziato, di un ritiro completo dei russi anche dalla Crimea. Nulla, insomma, all'orizzonte, se non la tragica realtà dei campi di battaglia. Kiev prepara la controffensiva, ma deve far fronte ad una situazione in costante deterioramento a Bakhmut. Tanto che l'ipotesi di un disimpegno – pesante, a livello simbolico – sembra non essere più esclusa da Zelensky. “La decisione di ritirare le forze di difesa – ha dichiarato ieri - può essere presa in caso di minaccia di ingenti perdite di soldati”.






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