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Israele: inizia la corsa contro il tempo per Netanyahu

22 apr 2019
La corrispondenza di Massimo CavigliaLa corrispondenza di Massimo Caviglia
La corrispondenza di Massimo Caviglia

Per il premier israeliano Netanyahu è iniziata la corsa contro il tempo: ha 28 giorni per convincere i partiti religiosi e di destra ad unirsi in una coalizione per formare il governo. I colloqui e le trattative con le liste sono iniziati affrontando subito lo scoglio maggiore, il suo avversario interno, l’ex ministro Lieberman. Il leader del partito Israel Beytenu infatti ha confermato il suo appoggio ma solo in cambio della legge sull’arruolamento dei religiosi nell’esercito, altrimenti ha garantito che si tornerà di nuovo alle elezioni. Questo atteggiamento ha naturalmente irrigidito i partiti ortodossi, che intendono coalizzarsi contro di lui in Parlamento e hanno dichiarato che se le loro richieste non verranno soddisfatte "non ci sarà alcuna coalizione". Di ciò ne farebbe le spese Netanyahu, che dovrà trovare la quadratura del cerchio fra due esigenze diametralmente opposte. Nel frattempo l’inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente, Jason Greenblatt, ha messo in guardia Israele e i Palestinesi dal rigettare il piano americano, affermando che perderanno una vera opportunità di pace se non accetteranno l'accordo. Anche l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e l'Egitto stanno facendo pressioni su Abu Mazen affinché non ostacoli la proposta di Trump. E già la Lega Araba ha promesso 100 milioni di dollari al mese all'Autorità Palestinese per recuperare i fondi trattenuti da Israele a causa dei pagamenti alle famiglie dei terroristi palestinesi. I cambiamenti al piano di pace sono ancora in corso, e la bozza finale sarà svelata a giugno dopo il Ramadan, il mese sacro in cui si pratica il digiuno in ricordo della rivelazione del Corano al profeta Maometto. Probabilmente sarà il Presidente egiziano Al Sisi a presentare l’accordo al mondo arabo moderato. Il leader egiziano può reclutare Giordania, Marocco, Arabia Saudita, Stati del Golfo e forse il Qatar che, nonostante il contrasto con i sauditi, ha un buon rapporto con l'Egitto. Rimane comunque l’incognita palestinese e forse anche quella israeliana, nel caso si debba tornare alle urne.

Massimo Caviglia


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