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Israele: l’ex vicepremier Sharansky accusa Biden di aver fatto capire a Putin che può ricattare il mondo

14 mar 2022

Che Putin e Zelensky volino davvero a Gerusalemme per un tentativo di negoziato sulla guerra in Ucraina è piuttosto improbabile. Innanzitutto per motivi logistici: fare uscire Zelensky da Kiev sarebbe rischioso e controindicato, a meno che la tregua o gli accordi non siano stati già decisi. Ma anche perché Israele si trova non fra due fuochi ma addirittura tre. Da una parte il Presidente ucraino, che continua a sollecitare un aiuto militare, sia per le sue origini ebraiche sia perché l’ex premier israeliana Golda Meir proveniva da Kiev, ed è considerata un eroe per la sua lotta contro la Russia. Ma anche perché in Israele, su nove milioni di abitanti, gli ucraini sono mezzo milione, i russi oltre un milione, e convivono pacificamente.

Però, nonostante le attrezzature mediche inviate, le 15 tonnellate di aiuti spediti in Ucraina ogni settimana, e le centinaia di israeliani che hanno risposto alla chiamata per unirsi alla lotta armata contro l'invasione russa, Israele mantiene un atteggiamento prudente. Anche per questo il Presidente russo non ha avuto nulla da eccepire sull’idea del negoziato a Gerusalemme, benché al momento lo ritenga prematuro. Putin sa perfettamente di avere in mano Bennett, sia a causa del ritiro americano dal Medio Oriente, sia perché gli permette di colpire i depositi di armi iraniane e di Hezbollah in Siria, non intralciando l’azione dei caccia israeliani. Si è addirittura ipotizzato che il Presidente russo abbia suggerito al premier israeliano di convincere Zelensky a rinunciare alla Crimea e al Donbass e ad accettare la neutralità, notizia che Bennett ha smentito categoricamente.

Il terzo personaggio in campo è il Presidente americano Biden che ha chiesto – e ottenuto dal ministro Lapid – che Israele non sia una via per aggirare le sanzioni alla Russia. Lo ha subito criticato il dissidente sovietico ed ex vicepremier israeliano Sharansky, incolpando gli Stati Uniti di aver fatto capire a Putin che può ricattare il mondo intero perché nessuno muoverà un dito. “Nelle prigioni sovietiche – ha detto Sharansky – ho imparato che non è il più forte che controlla la cella, ma chi è disposto a combattere e uccidere. Putin è così”. E sembra un epitaffio la frase di Cohn-Bendit, protagonista del movimento del maggio ’68, quando dichiara: “Nessuno in Europa vuole morire per Kiev, ma occorre chiedersi cosa bisogna fare per non morire di vergogna”.

Massimo Caviglia


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