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Israele: per il voto di domani i sondaggi indicano Netanyahu in testa, ma ottenere la maggioranza non sarà facile

22 mar 2021
Israele: per il voto di domani i sondaggi indicano Netanyahu in testa, ma ottenere la maggioranza non sarà facile
Israele: per il voto di domani i sondaggi indicano Netanyahu in testa, ma ottenere la maggioranza non sarà facile

L’unica cosa certa riguardo le elezioni israeliane di domani è che i sondaggi in passato sono sempre stati inattendibili e probabilmente lo saranno anche stavolta, e che per avere un risultato definitivo del voto occorreranno alcuni giorni. Il Likud (Consolidamento), partito di destra del premier Netanyahu, punta sulla ripresa economica dopo la pandemia e su nuovi trattati di pace oltre a quelli già firmati con quattro Nazioni arabe nell'ultimo anno. Forte della campagna vaccinazioni, Netanyahu ha evidenziato come sotto la sua guida Israele sia divenuto il primo Paese al mondo a sconfiggere il Covid. Nei sondaggi risulta essere in testa con una media di 29 seggi fino ai 32 degli ultimi rilevamenti.

Il partito di centro Yesh Atid (C’è un futuro), capeggiato dal giornalista Yair Lapid nemico giurato di Netanyahu, nei sondaggi risulta essere secondo con circa 20 seggi. L’altro partito di centro Kachol Lavan (Blu e Bianco) guidato dal ministro della Difesa Benny Gantz crolla a 5 seggi, poco sopra la soglia di sbarramento; ma, se da questa elezione non nascesse un governo e neanche dalla eventuale prossima, a novembre Gantz diverrebbe Primo Ministro ad interim in base all’accordo con Netanyahu.




Il partito di destra Yamina (A destra), guidato da Naftali Bennett, punta invece sulla lotta alla disoccupazione e sulla riduzione delle tasse. Se, come terzo polo con 12 seggi, risultasse indispensabile alla coalizione di destra per ottenere la maggioranza, Bennett potrebbe chiedere a Netanyahu la rotazione del premierato. Il fuoriuscito dal Likud, Gideon Saar, fondatore del partito di destra Tikva Hadasha (Nuova Speranza), potrebbe avere qualche possibilità puntando sul programma di insediamenti in Cisgiordania, ma la sua avversione al premier lo ha portato a dichiarare che non siederà mai in un governo guidato da Netanyahu e potrebbe ostacolare la sua corsa, come evidenziato dai sondaggi che lo vedono scendere da 16 a 9 seggi.

Altro partito di destra, Yisrael Beytenu (Israele casa nostra) per bocca del suo leader Avigdor Liberman, ex Likud e altro grande avversario di Netanyahu, ha dichiarato che rifiuta di unirsi a una coalizione guidata dal premier e che includa i partiti religiosi. Il suo elettorato, composto da immigrati russi, gli garantisce 7 seggi. Gli elettori dei due partiti religiosi ortodossi sono irritati per la chiusura di scuole e sinagoghe ordinata dal governo, ma continueranno ad appoggiare con i loro 14 seggi il premier quale baluardo contro il sentimento anti religioso, sempre più forte nel Paese. Il Partito laburista punta tuttora sulla soluzione dei due Stati con i Palestinesi, ed otterrebbe secondo i sondaggi 6 o 7 seggi, mentre i socialisti del Meretz (Energia) supererebbero di poco la soglia di sbarramento con 4 seggi. Il programma della Lista Araba Unita propone la lotta alla criminalità nelle città arabe e la soluzione della crisi abitativa, ma nei sondaggi passa da 15 ad 8 seggi. Tenuto conto di altri piccoli partiti, alla fine i sondaggi offrono di nuovo la fotografia di un Paese spaccato a metà: 60 seggi per il Likud, i partiti religiosi e la destra nazionalista, e 60 per il fronte anti Netanyahu. In attesa forse di una quinta elezione.





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