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Kazakistan: linea dura del Presidente Tokayev contro i responsabili delle violenze. No a mediazioni

Nel Paese – dopo le violente proteste iniziate il 3 gennaio – la situazione resta estremamente tesa

7 gen 2022
Kazakistan: linea dura del Presidente Tokayev contro i responsabili delle violenze. No a mediazioni

“L'ordine è stato per lo più ristabilito nel Paese”, ha dichiarato il Presidente kazako Tokayev; che dopo le aperture dei giorni scorsi – il ripristino del prezzo calmierato del gpl e le dimissioni del Primo Ministro – ha optato per la linea dura, promettendo “l'eliminazione” degli autori delle violenze, e definendo “sciocchezze” le richieste arrivate da Europa e Stati Uniti di aprire negoziati con i manifestanti. Reazione prevedibile, dopo quanto accaduto; con l'assalto ad alcuni edifici governativi, e l'uccisione di più di una dozzina di agenti delle forze dell'ordine; due dei quali sarebbero stati addirittura decapitati. Epicentro della rivolta l'ex capitale Almaty, dove la situazione resta critica, specie nelle ore notturne; ma la guerriglia urbana – perché di questo, ormai, si tratta – ha riguardato anche altre città dell'immenso Paese centroasiatico, con saccheggi e devastazioni. Il Ministero degli Interni ha annunciato l'uccisione di “26 criminali”, e la predisposizione di decine di checkpoint. Scenario da guerra civile, insomma. Da qui la richiesta di intervento di truppe dell'Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva: composta da 6 ex repubbliche sovietiche, guidate dalla Russia. Secondo Mosca, infatti, sarebbero stati interventi dall'esterno a far degenerare le proteste contro il carovita, ed infiammare il malcontento delle periferie. E c'è chi fa notare come la sommossa sia esplosa a pochi giorni dall'incontro fra Putin e Biden sull'Ucraina; dossier del quale si parlerà anche oggi, nel vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi NATO. Da non escludere, tuttavia, anche lotte claniche per il potere; ha fatto scalpore – del resto – l'estromissione dal Consiglio di Sicurezza nazionale di Nursultan Nazarbayev: “padre della patria” ed obiettivo principale della collera della piazza.





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