L'inizio delle operazioni potrebbe essere questione di giorni. Già salpata alla volta dei Caraibi la portaerei Gerald Ford; a breve si assisterà al più grande dispiegamento navale dalla crisi di Cuba del '62. Che il conto alla rovescia possa essere iniziato, lo confermerebbero le esercitazioni dei marines a Porto Rico. Si sta facendo enorme, la pressione su Caracas. Teorico obiettivo di Washington i cartelli venezuelani del narcotraffico; senonché una simile concentrazione di asset militari farebbe pensare ad altro. Un tentativo di regime change, ad esempio. “Vogliono rubare il nostro petrolio”, ha tuonato Maduro, che ha chiesto l'aiuto di Cina, Iran e Russia. Da Mosca messaggi contrastanti. Decisamente assertivo il primo vicepresidente del Comitato Difesa della Duma Zhuravlev; che non esclude la fornitura di potenti sistemi missilistici al Paese latino-americano. Cauto invece il portavoce del Cremlino, con appelli ad evitare l'escalation. Non solo; Peskov è tornato alla trattativa con gli USA sul dossier ucraino, dichiarando come non vi sia al momento bisogno di un incontro fra Putin e Trump; pur ritenendolo possibile. Dossier venezuelano, insomma, come possibile leva negoziale, per quella che i vertici russi considerano la priorità strategica: il confronto con Kiev. Entrato in una fase estremamente delicata. Il Paese aggressore sostiene infatti siano stati accerchiati due fondamentali snodi logistici: Pokrovsk e Kupyansk; sventati – è stato detto - tentativi di sfondamento. Ricostruzioni smentite da Kiev, che denuncia nuovi raid russi con droni e missili sulle regioni di Dnipropetrovsk e Odessa, con la morte di 6 persone. Rivendicato al contempo un attacco ad una raffineria nel territorio di Krasnodar; che avrebbe provocato un grosso incendio nel terminal: uno dei più grandi – pare – della Federazione.