I Capitani Reggenti ricordano i 70 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo

Quando fu approvata, il mondo era uscito dal secondo conflitto globale, con le tragedie personali e collettive, la distruzione, l'orrore dei campi di sterminio. Il 10 dicembre 1948 l'Assemblea delle Nazioni Unite emanò la Dichiarazione dei diritti dell'uomo. Nel loro messaggio, i capi di Stato Mirco Tomassoni e Luca Santolini ricordano quel passaggio nato dall'esigenza di impegnarsi per il “pieno rispetto dalla condizione umana”. Un atto di “responsabilità collettiva - lo definisce la Reggenza – per la comunità internazionale e per i singoli Stati” chiamati a promuovere una “cultura dei diritti”.

In un passaggio, i capi di Stato ricordano però che, da allora, la povertà, le discriminazioni e le ripetute violazioni dei diritti confermano che “è ancora lungo il cammino da compiere”. Rispetto dell'essere umano che, spiegano, deve ancora essere “raggiunto in tante parti del mondo”. Il concetto vale anche per i Paesi di consolidata democrazia, specie nei momenti difficili, perché, ricorda la Reggenza, si tratta di una conquista “mai acquisita per sempre”.

La ricorrenza dei 70 anni dalla Dichiarazione diventi l'occasione, esortano, “per una rinnovata consapevolezza sul rispetto e sulla tutela dei diritti umani come nucleo centrale della democrazia”. E per contrastare l'indifferenza che, soprattutto nel secolo scorso, portò a tristi conseguenze. I capi di Stato guardano al futuro, per garantire alle nuove generazioni un “pianeta ancora in grado di assicurare condizioni di vivibilità” e “un'informazione libera”. Uno degli obiettivi fondamentali è “portare l'umanità intera – come si legge sul finire del messaggio - a compiere significativi passi verso ulteriori traguardi di civiltà”. 

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