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Consiglio: si accende il dibattito su Legge rappresentatività

28 apr 2016
Consiglio: si accende il dibattito su Legge rappresentatività
La legge sulla rappresentatività arriva in seconda lettura nonostante i timori di spaccature tra organizzazioni economiche e tensioni sociali. Non era un'emergenza, affermano Upr, Civico 10 e Rete, le sfide sono altre e sotto gli occhi di tutti. Prima ancora – aggiunge il Partito Socialista – serviva la Riforma del Lavoro. Ma la Maggioranza non ci sta. “Era proprio questo il momento di intervenire sulla materia – afferma Gerardo Giovagnoli - per non aggiungere altro combustibile ad una situazione incendiaria nel mondo della rappresentanza”. Per Marco Gatti la legge è un passo in avanti importante. “Gli equilibri trovati – dice - sono equilibri che è giusto provare”. Le distanze sono però nette su rappresentatività ed efficacia erga omnes. Con distinguo all'interno sia di maggioranza che di opposizione, e che non rendono affatto scontato l'esito del voto. La vicinanza delle varie forze politiche a questa o quell'altra sigla toglie - dice qualcuno - la serenità di una decisione super partes. C'è anche un'altra partita importante da giocare: quella sullo 0.40. "Abbiamo proposto un emendamento affinché sia veramente su base volontaria e non ci sia bisogno di fare il giro delle sette chiese per disdirlo” - precisa Andrea Zafferani. “Una stranezza tutta sammarinese che va risolta”, tuona Federico Pedini Amati. Tornando alla legge, qualcuno la paragona a Davide contro Golia. Si favoriscono i grandi contro i piccoli – c'è chi accusa dall'opposizione. Civico 10 mette in guardia anche dal rischio di un effetto perverso: le persone si iscriveranno ad associazioni più grosse perché sono quelle che avranno potere nella trattativa. “E' sbagliato – rincara la dose Rete – perché il nostro tessuto economico si fonda sulle piccole attività.”Negli ultimi tre anni gli occupati sono aumentati – spiega Iro Belluzzi - e se è vero che l'economia si è salvata anche grazie ad un sistema economico eterogeneo, chi ha permesso di recuperare i posti di lavoro persi sono state importanti aziende come la Colombini, l'Asa e la Sit. Roberto Ciavatta lo accusa di aver voluto fare la legge perché gli era stata richiesta. Si alzano i toni. E' battibecco a distanza anche con Ivan Foschi, che poco prima aveva invitato ad un confronto civile, denunciando che lo scontro politico fosse andato oltre. “Ci hanno accusato di essere al soldo di una organizzazione perché la pensiamo diversamente – dice Foschi. La legge andava fatta oggi perché serve un chiaro normativo più chi vuole investire in Repubblica”. Sulla diatriba piccole e grandi: “tutti danno il contributo – afferma - ma i più grandi hanno oneri maggiori”. Non c'è dunque condivisione fra Su e l'alleato Civico 10. “Crediamo nella differenza di opinioni”, chiarisce Tony Margiotta. Anche in Maggioranza c'è chi non ha gradito il clima di tensione, non solo dentro l'Aula. “Non mi sono piaciute le pressioni nate non solo in ambito politico ma soprattutto fuori”, confida Maria Luisa Berti. Vale anche per Marco Podeschi. “Siamo pronti a sbranarci fra di noi per il volere degli altri. Mi sta stretto – dice - essere tirato per la giacchetta dalle varie associazioni. Upr decide con la sua testa. Noi dobbiamo decidere cosa è bene per il nostro paese oggi. Oggi non è il momento di fare questa legge.” Che ci sia attrito tra i sindacati non è una novità. La legge stabilisce dei paletti per l'accesso al tavolo della trattativa che, di fatto, tagliano fuori l'Usl, nonostante la maggioranza abbia introdotto un periodo transitorio di dieci anni per adeguarsi. Ap e Ns condividono lo stesso pensiero: il Consiglio è chiamato a fare da arbitro. Il giudice deve però essere imparziale e pare – rileva Massimo Cenci - che non sia questo il caso. E sullo 0.40 Valeria Ciavatta ricorda che già nel 2003 l'automatismo del pagamento aveva generato forti tensioni politiche. "Contestare questo automatismo - dice - non significa essere contro il sindacato. Se allo Stato viene chiesto di intervenire su questioni interne al mondo sindacale allora lo Stato ha legittimità a intervenire anche su altre questioni, ad esempio su come vengono adoperate le risorse."

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