Delta protagonista dell’avvio dei lavori del Consiglio Grande e Generale

Delta protagonista dell’avvio dei lavori del Consiglio Grande e Generale.
In Aula il riferimento del Segretario di Stato per le Finanze su Delta. “Il piano di ristrutturazione finanziaria su cui le banche creditrici hanno già espresso loro consenso - ha detto - ha sua vita autonoma e prevede il recupero della quasi totalità dei crediti, salvaguardando la consistenza patrimoniale di Delta per poco più di 200 milioni di euro”. “Il comportamento di Intesa - per Gatti - è stato fin dall'inizio quello di chiedere crescenti garanzie a Delta e a Cassa di Risparmio, e trovare così una motivazione valida per defilarsi, volendo evitare rischi di coinvolgimento nelle vicende legate all’inchiesta della procura di Forlì e forse, anche per ridurre al minimo gli impegni occupazionali previsti dall'intervento”. “E non è escluso - ha aggiunto - che Intesa possa rientrare dalla porta lasciata aperta. Lo scenario oggi - secondo Gatti - è sicuramente di maggior chiarezza e da Banca d’Italia potrebbero arrivare già venerdì risposte importanti”. Un riferimento apprezzato dall’opposizione, con la sola eccezione dei DdC. “Il Consiglio - secondo il capogruppo del Psd - deve farsi carico dei passaggi che il Paese dovrà compiere. Nessun tentativo di destabilizzare il quadro politico, ma una assunzione di responsabilità”. Ed è in questo percorso che Felici legge l’iniziativa dell’Anis. Per Alessandro Rossi di Sinistra Unita va bene avere un piano B ma bisogna chiedersi perché un gruppo bancario di primaria importanza ha deciso di non procedere all’acquisto degli asset Delta, mentre il segretario del Psrs Simone Celli, definisce Delta la spada di Damocle di un Paese che vive un contesto economico difficile. Per nulla soddisfatti invece Pier Marino Mularoni e Giovanni Lonfernini dei DdC. “Gatti - hanno detto - non ha portato in Aula niente di nuovo. Il Governo deve dire come intende affrontare la questione della liquidità della Cassa di Risparmio”. Si è parlato di un intervento dello Stato per sottoscrivere parte dell’aumento di capitale. E per avere una risposta, Lonfernini si è appellato alla Reggenza. Tutti concordi, invece, sulla necessità di riformare la legge sul commercio abolendo il 51%. Solo Vanessa Muratori, di Sinistra Unita, ha obiettato che con l’apertura alle grandi firme si rischia di spersonalizzare il centro storico. Le altre forze di opposizione hanno invece polemizzato sui tempi del provvedimento. L’Unione Commercianti, di cui il Segretario Arzilli è stato presidente, si è opposta per anni alla riforma. Otto anni, ha precisato Paride Andreoli. Mentre Felici ha chiesto una relazione dettagliata dell’osservatorio del commercio prima di varare la nuova legge. “Serve una risposta convinta e non ideologia” ha concluso. “Non facciamo più guerre di religione”.

Sonia Tura

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