Dimissioni Felici. Dc e Ps: andiamo avanti. Ps: prima di tutto gli interessi del Paese

Dimissioni Felici. Dc e Ps: andiamo avanti. Ps: prima di tutto gli interessi del Paese.
E' cominciato a notte fonda il dibattito sulle dimissioni del Segretario di Stato alle finanze. Ed è stato proprio Claudio Felici il primo a prendere la parola. Di fronte all'esigenza che il Paese capisca che c'è un progetto di sviluppo da realizzare, le esigenze dei singoli devono passare in secondo piano, ha ribadito Felici. “Il sottoscritto si sente a posto con la coscienza e con il ruolo che ha avuto. Ma Claudio Felici si ferma, penserà al proprio futuro e alle questioni che lo riguarderanno ed è disposto a riconoscere che altri possono proseguire quel tanto o quel poco che si è messo in campo con tanto impegno e sacrificio”. Lascio, conclude, convinto di aver fatto il massimo di sforzo per dare il contributo per questo progetto per il Paese”. Prima personale e poi politica, la valutazione di Pasquale Valentini. Con Felici, ha esordito, si sono condivise molte responsabilità comuni e c'è stato un coinvolgimento personale ed emotivo che va oltre le cose concrete di cui abbiamo responsabilità pro-tempore. La cosa peggiore che potremmo fare ora, sottolinea il Segretario agli esteri, è quella di non cogliere le motivazioni e ciò che ha voluto raccomandarci. Sembra paradossale, rimarca, ma è un atto di responsabilità per rafforzare il governo. Valentini ricorda il ruolo avuto da Felici nell'aiutare il suo partito a definire il rapporto con le altre forze della coalizione. Forse, afferma, il completamento delle riforme, il finanziamento di Carisp, la patrimoniale, gli è valso in parte quel contrasto che oggi lo porta a pensare che la sua presenza possa essere di inciampo. Non si permetta quindi, conclude Valentini, che una facile delegittimazione possa negare questo percorso di trasformazione. Ancora più personale l'analisi del capogruppo della Dc. Conosco Claudio da anni e ho stima nelle sue capacità di leggere i momenti politici, premette Luigi Mazza. Felici non si dimette per la questione morale, ma perché 'il tempo è galantuomo e la politica non rispetta quei tempi'. Due, secondo Mazza, gli aspetti in ballo: questione morale e azione di governo. Con arresto di Claudio Podeschi e Fiorenzo Stolfi qualcosa è cambiato. Quello che emerge dai giornali non mi lascia sereno,dice. Non si tratta di un finanziamento della politica, ma di un forte arricchimento personale per decine di milioni di euro. Non si parla di finanziamenti ma di tangenti. C'è chi ha già pronta la condanna, ma io so, sottolinea, che la magistratura sa fare il suo lavoro. Poi l'azione di governo: da questo passaggio, conclude Mazza, dobbiamo rafforzarla malgrado le dimissioni. Un atto di responsabilità, non di condanna politica della coalizione, conferma Gerardo Giovagnoli del Psd. Testimonianze la cui attendibilità è da verificare, dice, hanno alimentato il tiro mediatico contro il Psd. Se certi fatti abbiano inficiato i risultati elettorali ricordo, prosegue,che allora Felici fu il primo dei non eletti. Giovagnoli riconosce ad Ap di aver sempre fatto un'azione politica di argine a certi comportamenti e si dispiace che a volte il Psd non sia stato alleato su battaglie di legalità. Ma se c'è un corrotto, c'è un corruttore. Chi faceva circolare quei soldi? Chiede. Non devono rispondere tutti coloro che si sono arricchiti? Invito tutti, conclude, a lasciare da parte il cecchinaggio per collaborare a migliorare San Marino. Diversa la lettura di Simone Celli. Le dimissioni di Felici non si superano sic et simpliciter con la sua sostituzione, dice il segretario socialista. Felici è stato leader indiscusso del governo di Bene comune e oggi viene scaricato, malgrado le parole scontate di elogio, con atteggiamento pilatesco. E' ipocrisia allo stato puro pensare di risolvere la questione morali con l'individuazione di vittime sacrificali. Il problema, per Celli, è sistemico. Oggi l'Aula deve interrogarsi su come la politica possa recuperare autorevolezza e credibilità di fronte a una cittadinanza disorientata. Non è sufficiente l'elenco della spesa su provvedimenti presi a larga maggioranza. Senza una reazione coraggiosa perchè c'è il rischio che il vuoto della politica sia occupato dal populismo e dalla demagogia dei demolitori da un lato, e dall'altro dai poteri occulti e logge massoniche che non hanno a cuore gli interessi del Paese. Celli invia ad ammettere che molto, nei partiti tradizionali, non ha funzionato negli ultimi 25 anni. Si sono trasformati in comitati elettorali e hanno dato troppo spazio a lobby affaristiche. L'avvicendamento a Palazzo Begni rappresenta una soluzione di respiro corto sul piano politico, afferma Celli, permette di svalicare questa sessione consiliare, ma i problemi restano tutti sul tavolo. Non è il Partito socialista a dire che questo governo è ai titoli di coda. La verità è che si trova costretto ad andare avanti ma fuori dal Palazzo il Paese brucia. Da oltre un anno e mezzo, conclude Celli, sosteniamo sia necessario mettere in campo progetti politici all'insegna della responsabilità nazionale. Siamo stati strumentalizzati, ci hanno detto che volevamo essere la stampella del governo. Gli interessi del Paese vengono prima di tutti, tra chi vuole distruggere e chi vuole costruire noi vogliamo stare con i secondi.

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