Non c’è la volontà di mettere in crisi il partito, ma è certo che la presa di posizione di tre segretari di stato è un segnale ben preciso sul momento interno che sta vivendo la Democrazia Cristiana, alle prese non solo con il delicato ruolo dell’opposizione - al quale è sicuramente poco avvezza - ma anche con un ritorno – o presunto tale – al passato, per aver affidato l’incarico di capogruppo a Gabriele Gatti. La lettura fatta dal segretario del Partito è quella dell’astensione: 'Otto consiglieri che si sono astenuti, motivandolo come atto politico importante, ma è positivo che non sia emersa una candidatura alternativa'. Un voto comunque – per Menicucci – non di spaccatura, né contro la persona. Il segretario Dc ha sentito in queste ore sia Rosa Zafferani che Pier Marino Mularoni, convinto della volontà di dialogare. “Dimostreremo l’unità del partito sulle cose da fare – dice Menicucci - il confronto deve essere leale” e annuncia, dopo l’estate, il congresso straordinario, momento in cui ci sarà la ridefinizione di tutti gli incarichi: 'Adesso però si tratta di superare questo momento delicato - dice - ma l’unità della Dc vale qualunque cosa'. Ed è proprio sull'unità attuale che è difficile non dubitare, dopo che la Zafferani ha definito la nomina di Gatti 'un errore inspiegabile, forse determinato da eccessiva presunzione o da vecchie abitudini dure a morire'. 'Una scelta predeterminata, che ha chiuso la porta ad ogni candidatura alternativa' - per Mularoni - e in ultima analisi, 'una nomina che non rispecchia la coerenza di questi ultimi anni', per Lonfernini. Proprio il segretario Giovanni promette una dialettica interna al partito per svolgere con fermezza il ruolo dell’opposizione, attento a non disperdere la volontà di rinnovamento espressa dagli elettori il 4 giugno.
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