Intercettazioni: sul Titano regolate da una norma che ancora non trova applicazione

“Se il presidente della Repubblica non firma siamo fregati; su alcuni punti si può lavorare, una soluzione ancora non c’è, ma sono fiducioso”. Così il leader della Lega Umberto Bossi al termine dell’incontro a Montecitorio con il Presidente della Camera Gianfranco Fini: sul tavolo uno dei tormentoni della cronaca politica di questi giorni: il disegno di legge sulle intercettazioni. Proprio ieri il Premier Berlusconi aveva aperto all’ipotesi di slittamento dei tempi parlamentari; e a questo punto in ambienti della maggioranza non si escludono modifiche di alcuni punti controversi. Nel frattempo è guerra di cifre fra il Presidente del Consiglio e la Magistratura. “In Italia vengono ascoltati 7 milioni e mezzo di cittadini”, ha affermato Berlusconi; pronta la replica del presidente dell’ANM Palamara, che ha parlato invece di meno di 40.000 persone intercettate. Quel che è certo è che le utenze telefoniche sotto controllo sono quasi 120.000. Tutt’altra situazione sul Titano dove, per mancanza di apparecchiature e personale specializzato, sostanzialmente non si intercetta. La normativa entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno, insomma, non trova ancora applicazione. “Il problema – afferma Ivan Foschi, che da segretario alla giustizia promosse la legge – sono i telefoni cellulari. In Repubblica quasi tutti usano schede di gestori italiani, per cui occorrerebbe procedere per rogatoria: sarebbe necessario un accordo con il Ministero alla Giustizia italiano”. La normativa sammarinese prevede la creazione di un “Giudice per le intercettazioni” e la possibilità di mettere i telefoni sotto controllo per reati punibili con la prigionia non inferiore al III grado.

Gianmarco Morosini

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