Revoca incarico a Valeria Pierfelici, le opposizioni: "Chi denuncia viene cacciato"

La questione della revoca dell'incarico all'ex magistrato dirigente, Valeria Pierfelici, è tutt'altro che conclusa, a livello politico. Le opposizioni, compatte, sono tornate ad affrontare l'argomento in una serata pubblica a Borgo Maggiore. Al centro del confronto c'è il concetto di Stato di diritto che, secondo le minoranze, è stato e viene ancora oggi violato.

Si parte, allora, dalla ricostruzione dei fatti, con Elena Tonnini (Rete) che ha parlato di una mancanza di volontà, da parte della maggioranza, di fare chiarezza sulle “gravi dichiarazioni” del magistrato. Il Movimento riporta un intervento di Pierfelici in Commissione Giustizia in cui si faceva riferimento, tra le altre cose, a “pressioni” da parte di un Segretario di Stato su un giudice d'appello e di reati come “l'abuso d'ufficio” a carico di un giudice d'appello. Invece di sostenerla, l'hanno cacciata, accusa Rete. Un atteggiamento che, secondo Tonnini, sta interessando anche altri campi, come la PA, gli istituti di credito e banca centrale.

Federico Pedini Amati, di Mdsi, ha posto l'attenzione su una impossibilità di contraddittorio per il magistrato dirigente che è stato sfiduciato prima di poter dimostrare quanto sostenuto. Alessandro Cardelli (Pdcs) ha parlato di illegittimità della revoca e ha proposto una comparazione con il diritto internazionale.

Alessandro Mancini (Ps) ha spostato il discorso sul significato politico della questione, accusando il segretario di Stato alla Giustizia, Nicola Renzi, di non essere stato in grado di ricoprire il ruolo di mediatore e garante delle istituzioni. Si tratta di uno “scontro istituzionale che non ha precedenti a San Marino”, afferma Mancini. Iro Belluzzi, del Psd, ha parlato delle possibili conseguenze sul Paese, in termini di ricusazione dei giudici e dell'effetto che la situazione in corso avrà sui processi in atto.

Mauro Torresi

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