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Consiglio: in Aula si discute la mozione di sfiducia a Celli

17 lug 2017
Simone Celli
Simone Celli
Scattano le 8 ed è subito battaglia con l'opposizione che attende sul Pianello l'arrivo dei consiglieri di maggioranza per raggiungere il numero legale. Alle 8.25 si aprono i lavori con Pasquale Valentini che a nome dell'opposizione, legge le motivazioni della mozione di sfiducia nei confronti di Simone Celli che “nell'ambito delle sue responsabilità – spiega - in diverse occasioni ha disatteso delibere del Consiglio avallando decisioni oltre il limite dei suoi poteri”. Dalla non sostituzione di Romito a presidente del cda di Cassa, all'approvazione del passaggio di Asset senza tener conto dei risultati Aqr e senza la Centrale Rischi. In entrambi i casi c'erano odg approvati dall'Aula. Il Segretario alle Finanze non ha poi tenuto conto delle valutazioni contenute nell'ordinanza del tribunale e con certe sue affermazioni ha attribuito a BCSM un ruolo che sul piano istituzionale non può essere paragonata ad un potere dello stato. Si addebita a Celli anche l'assenza di prese posizioni pubbliche circa le “inopportune e inqualificabili dichiarazioni del direttore di Savorelli sui social”. Nella mozione si sottolineano le gravi conseguenze economiche, le fuoriuscite della liquidità, la sfiducia nel sistema da parte delle imprese e un crescente livello di esposizione dello Stato verso rischi di sistema. Lo sguardo si sposta sulla maggioranza, perché “ci sono segni – continua Valentini – di un disallineamento tra i suoi componenti e le posizioni di Celli in Congresso di Stato”. Torna quindi l'accusa di un disegno per trovare il famoso compratore che eviti il tracollo.

Prende la parola il Segretario alle Finanze. È provato, a tratti gli trema la voce. Non lo nasconde: sono stati giorni difficili, la mozione lo addolora anche se non lo sorprende. È un'iniziativa – spiega - coerente con un'opposizione che ha compiuto una scelta di fondo ben precisa: “denigrare le persone, pubblicare dossier, usare un linguaggio estremo, radicale e a tratti violento”. Si è scelto lo scontro – rileva - piuttosto che il confronto sul progetto di futuro. Fa riferimento all'acredine e alla campagna d'odio portata avanti al grido “vogliamo la testa di Celli”, segnale – spiega – di imbarbarimento del dibattito politico e pubblico. Ricorda il percorso del Governo a partire dal salvataggio di Asset, permettendo alla clientela di tornare a normale operatività salvando parte consistente dei posti di lavoro. E' in atto – accusa – un chiaro tentativo di restaurazione. “Con lo scoperchiamento del vaso di Pandora, alcuni centri di potere e i loro terminali politici si sono sentititi aggrediti e si sono mossi contro l'opera di risanamento del sistema. Gli avversari di questo progetto virtuoso sono una stretta élite di professionisti, consulenti di banche che hanno accumulato potere e che temono il cambiamento. “Si sfiducia il presente per ridare fiducia al passato”. Celli quindi torna ad usare, come uno slogan, la frase pronunciata all'indomani della consegna della mozione da parte delle opposizioni. Frase che verrà ripresa anche dai consiglieri di maggioranza e attaccata da quelli di minoranza.

La usa Giuseppe Morganti, capogruppo di SSD. “Si vuole ridare fiducia ad un passato - accusa - in cui la Repubblica è stata messa in ginocchio da progetti di parte, privilegi incompatibili con esigenze di trasparenza. Ci sono voluti otto anni per recuperare credibilità e riaffacciarsi sui mercati. Anni non d'oro – precisa – ma di latta". Il processo però non è finito. Punta il dito anche contro “quelle componenti sociali che hanno prosperato nel vecchio sistema e che non hanno capito la crisi del 2006. Con queste parti sociali che hanno scelto di stare dalla parte sbagliata dobbiamo aprire un dialogo ancora più intenso affinché si sentano anche loro partecipi al processo di cambiamento. Scendere in piazza – avverte Morganti - genera confusione inconcepibile. Non è mai successo – afferma - che una manifestazione sindacale si facesse contaminare dalla presenza dei partiti”.

Per Rete prende la parola Marianna Bucci che parte proprio dalla frase, ormai grido di battaglia di Adesso.sm, che chiama in causa un passato da cui si intende prendere le distanze. “Noi da quel passato – dichiara - vogliamo liberarci. In questo senso Rete – spiega – è sempre stata da sola”. Dice quindi basta alle mistificazioni. “Scendiamo in piazza contro il debito pubblico non contro la restaurazione”. Parla poi di fiducia che si costruisce giorno per giorno, fatta di coerenza fra parole e fatti. “La fiducia – continua - non è dovuta”. Contro un governo che si propone come il nuovo contro il vecchio, ricostruisce la storia politica di Celli. “Da mesi – dice - chiede atti di fede alla sua maggioranza, a colpi di forzature. Ho più timore – aggiunge - del sostegno che gli forniscono coloro che lo circondano”.

La tensione è palpabile anche se i toni fino a questo momento sono pacati. Fabrizio Perotto nel dare il suo appoggio a Celli si commuove. Attacca un'opposizione che non si arrende alla sconfitta delle elezioni, a quei partiti storici come la Dc che pensano di doverci essere sempre e comunque, cercando di opporsi a tutto, anche a provvedimenti di buon senso. Per Marina Lazzarini è tutto una messinscena per non fare lavorare il governo. Ma quel passato scomodo – dice l'opposizione - torna con forza proprio in Adesso.sm. “Il Governo è succube di Bcsm e dei poteri forti che le sono dietro” - afferma Stefano Canti. “Lei Celli – lo incalza Denise Bronzetti - sta operando in perfetta continuità con il passato. È l'esatta emanazione della Segreteria Finanze di Claudio Felici”.

Interviene il Segretario di Stato alla Cultura. “La sfiducia a Celli – afferma - è anche a Marco Podeschi”. Si rivolge all'opposizione e avverte: “non cambieremo idea, nonostante l'appello a qualche giovane di maggioranza”. Parla del tentativo di bocciare la politica sul sistema che Adesso.sm sta attuando come da programma. Non riuscirà mai a convincere i colleghi del Pdcs della bontà del progetto - ammette – e, riguardo al confronto, ricorda che occorre essere in due e che non può avvenire se l'obiettivo è quello di evitare di scoprire certi altarini e non toccare saltuari del potere. Il suo impegno – spiega – coincide con la battaglia allo status quo, vuole cambiare le cose. “Sostengo Celli – conclude - e continueremo a lavorare per cambiare il paese”. Gli atti di Celli sono stati condivisi, è una mozione di sfiducia a tutto l'Esecutivo – rincara la dose Guerrino Zanotti, secondo cui non si sta consumando uno scontro sull'operato del Governo ma la mozione di sfiducia è l'ennesimo atto per farlo cadere. C'è confusione – aggiunge Nicola Renzi – fra compiti di Bcsm e linee di indirizzo politiche. Il Governo – ricorda – è intervenuto garantendo i soldi di tutti i risparmiatori, diversamente da quanto accada in altri paesi.

Domani Csu e opposizione scenderanno sul Pianello, per Jader Tosi non è democrazia aizzare sempre la piazza. Nel giudizio salva Rete, ma non risparmia attacchi a Dc e Ps che “strumentalmente – accusa - si aggregano a un movimento libero di poter fare certe scelte con lo scopo di minare alla base le scelte di cui il paese ha bisogno”. Marco Gatti va dritto al punto, “si sta divagando senza entrare nelle motivazioni della sfiducia”. Si rivolge a Marco Podeschi e chiede: “dov'era scritto nel vostro programma di governo che usavate le pensioni come prestito di ultima istanza e che facevate debito pubblico? Poi, alla maggioranza: “qualcuno ci vuole dire perché c'è ancora Romito? Nonostante i comunicati di civico 10 in cui ha preteso il rispetto delle regole, Romito rimane qui e ha già la garanzia che andrà avanti”. Si scaglia anche contro l'assenza di un membro dell'opposizione nel Cda di Cassa. Sulla protezione legale nei confronti degli amministratori riguardo al passaggio di Asset in Carisp, Gatti non ha dubbi: l'hanno chiesta perché quell'operazione è illegittima, vogliono che gli avvocati li paghi “pantalone”.

Durissimo Matteo Zeppa. Sette Segretari di Stato – dice - si sono arrogati il diritto di fare scelte epocali, di decidere cosa era meglio fare sulla testa di migliaia di cittadini”. Zeppa ricorda l'odg votato all'unanimità che impegnava Ccr e Congresso ad attivare la Centrale Rischi e attuare una sede di confronto permanente con l'opposizione per arrivare a scelte strategiche condivise. Parla di parvenza idilliaca di collaborazione con l'unico scopo di chiudere il bilancio. “Poi – accusa - chiudeste il tavolo”. Definisce Banca Centrale “l'ottava segreteria ombra”. Poi, a Celli: “anche lei fa parte di quel passato e deve farci i conti. È semplicemente cambiato il padrone politico. Lei, Celli, è alla ricerca di un fantomatico nemico. Per trovarlo basta che si guardi allo specchio. Il nemico è lei. Ha completamente sbagliato le normali regole di ingaggio democratico previste. Non sta tutelando lo Stato”.

Luca Santolini chiede di andare al nodo della questione: una innegabile mancanza di dialogo su un tema delicato su cui la responsabilità dovrebbe portare a fare sistema. Per abbassare i toni del dibattito evitando crisi di panico dei correntisti. Irrazionale – rimarca - portare in Italia i risparmi. Lì le banche non stanno meglio e qui noi tuteliamo i risparmi. Non si è conclusa la campagna elettorale – dice - e questa situazione politica era la peggiore che potesse verificarsi per chi è andato all'opposizione. Imperativo, da subito, non fare lavorare il Governo con dossier suggeriti da centri di potere che si sono sentiti sotto attacco. Invita a mettere da parte le amicizie di questo o quello e ricorda poi il passo dell'Odg – non richiamato dalla minoranza – in cui si chiede di avviare il confronto su tutta una serie di temi. “Abbiamo fortemente voluto quel passaggio – ricorda – ma per dialogare occorre essere in due”. Per Giancarlo Venturini, se la Dc ha commesso degli errori non è mai arrivata a tanto, “ecco perché abbiamo chiesto ai cittadini di scendere in piazza. Abbiamo avuto altre crisi – ricorda – ma abbiamo salvaguardato depositanti e posti di lavoro senza arrivare ad un debito dello Stato concreto ed immediato”. Per il coordinatore di Civico 10 Luca Boschi la mozione è strumentale, ma è convinto che la minoranza non voglia fare cadere il Governo “perché è consapevole come noi – afferma – che i provvedimenti siano indispensabili, ma non ha avuto a suo tempo il coraggio di attuarli poiché impopolari.” Alessandro Mancini rispedisce al mittente l'accusa di strumentalizzazione. I governi - spiega - non cadono per mozioni o voti che vengono a mancare. Cadono quando ci sono approcci diversi nell'approfondire i problemi e nel metodo”. “Gravissimo – aggiunge - che nella relazione di Celli dell'ultimo consiglio non ci sia traccia dei provvedimenti emessi domenica. Domani sarà una giornata importante ma non sarà la protesta a fare cadere il governo. Avrà vita breve se andrà avanti con questo metodo autoritario e a tratti dittatoriali. Per Mancini così non si governa ma si alimenta lo scontro. Da qui l'invito a cambiare atteggiamento perché “la gestione del paese non è compatibile con la portata dei problemi e le sue esigenze. Ecco le ragioni politiche reali della mozione”. “La mozione non è un attacco al Segretario – sottolinea Iro Belluzzi - ma ad un'intera maggioranza che ha avallato il percorso portato avanti da Banca Centrale”. L'incapacità di Celli – aggiunge – è di non averne ricondotto l'operato nella tutela del sistema bancario. Ciò che sta accadendo è il debito pubblico, che poteva essere scongiurato con una gestione diversa”. Voce fuori dal coro su Banca Centrale, quella di Lorenzo Lonfernini di RF. “Sul piano politico siamo certi della buona fede di Segretario e colleghi di governo, piano che ci fa dire che un'azione di rigore ad Asset era necessario, cui doveva seguire la tutela depositi, oggetto dei due decreti di domenica scorsa. Altro piano è invece quello amministrativo. Rispettiamo l'autonomia di Bcsm – continua Lonfernini - ma da cui pretendiamo, e anche lei segretario deve pretenderla, l'assunzione di responsabilità fino alle logiche e inevitabili conseguenze”.

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