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La sadica sindrome

La "Sindrome della capanna", o del prigioniero, colpisce in fase due

di Mirco Zani
6 mag 2020
La sadica sindrome

Erano tanti, anzi tantissimi per non dire quasi tutti quelli che aspettavano come la manna dal cielo la tanto citata "fase due". Per intenderci quella fase post lockdown, dove si sarebbe tornati a gustare un briciolo di libertà, un barlume di normalità, insomma l'alba di un nuovo inizio. Forse però non tutti sono ben disposti verso il ritorno alla vita "normale" e molto potrebbe dipendere da come si è vissuto l'isolamento. In molti hanno ritrovato il piacere di godersi la famiglia, riscoperto i piccoli piaceri legati agli hobbies troppo spesso messi da parte.



Anche solo trovare il tempo per le proprie passioni troppo spesso accantonate per lavoro impegni o doveri improrogabili che non lasciano scampo. Ma ci sono persone che al contrario il Lockdown lo hanno subito, sentendo più del dovuto il peso dello stress e le ansie che si porta dietro, elevando la prorpia casa a fortezza dove sentirsi sicuri e al sicuro. Ed avendo sostituito le nuove abitudini fatte di computer, serie televisive e gli immancabili film e cosa non trascurabile, ritmi più umani, alle vecchie teme moltissimo quello che potrebbe trovarsi di fronte nel mondo esterno. Si chiama "sindrome della capanna" o "del prigioniero" e chi ne rimane colpito farà decisamente più fatica a riadattarsi alla "normalità". Stando a quanto scrive il Collegio Ufficiale di Psicologi di Madrid, sarebbero molte le persone che ne soffrirebbero, più di quanto si potesse immaginare.




Ma attenzione non è una sindrome nuova ben la conosce chi ne è stato colpito al rientro a casa dopo una lunga degenza in ospedale, è come se il nostro organismo perdesse di colpo tutti i suoi punti di riferimento adattati per superare il confinamento. In alcune regioni dell' America per il gelo,alcuni degli abitanti entrano in una sorta di letargo e fanno fatica a uscirne in primavera. Inutile nasconderci che dopo il Coronavirus le nostre esistenze non saranno le stesse per almeno qualche anno. La nostra percezione del prossimo sarà diametralmente opposta a quella conosciuta, basti pensare alla persona che chiederà di poter occupare il seggiolino vuoto accanto a noi al cinema, le file alle casse dei supermercati, sugli autobus e poi vedere città semideserte con pochissime persone in giro e tutte con la mascherina ben salda sul viso. Quanto tempo impiegheremo perché la paura del contagio dietro l'anglo ci lasci di nuovo padroni del nostro tempo?  Forse ogni rinascita porta con se nuove paure, e nella paura si cresce...dicevano, aspettiamo con fiducia....






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