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Per il Parlamento Europeo la coercizione riproduttiva e la negazione dell’aborto sicuro e legale è violenza di genere

21 set 2021
Per il Parlamento Europeo la coercizione riproduttiva e la negazione dell’aborto sicuro e legale è violenza di genere

In questi giorni la stampa italiana ha dato ampio spazio alle forti dichiarazioni rilasciate dal Papa sull’aborto, che definisce tale pratica, senza mezzi termini, un omicidio ed il medico che aiuta la donna un sicario. Nessuna parola, invece, è stata spesa sulle recenti deliberazioni adottate dal Parlamento Europeo in merito alla violenza di genere. Il 16 settembre 2021 è stata adottata una importante risoluzione che chiede di identificare la violenza di genere come nuova sfera di criminalità tra quelle elencate all’articolo 83 paragrafo 1 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Cosa significa classificare la violenza di genere come crimine normato? A seguito di tale classificazione il Parlamento Europeo dovrà, mediante procedura legislativa ordinaria, adottare direttive che stabiliscano norme minime di dimensione transnazionale, dimostrando che tali reati necessitano di essere combattuti su basi comuni. Tra le varie forme di violenza di genere il Parlamento Europeo ha ricompreso la coercizione riproduttiva e la negazione di un'assistenza all'aborto sicuro e legale. Lo stesso ha evidenziato che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è pronunciata in diverse occasioni, stabilendo che le leggi restrittive sull'aborto e la mancata attuazione violano i diritti umani delle donne. Infine, ha rimarcato che l'autonomia delle donne e la capacità di prendere decisioni libere riguardo al loro corpo e alla loro vita sono condizioni indispensabili per l’indipendenza economica, l'uguaglianza di genere e l'eliminazione delle violenze di genere. Il testo della risoluzione è stato approvato con 427 voti favorevoli, 119 contrari e 140 astensioni, dunque con ampissima maggioranza. Dello stesso tenore è stata la risoluzione adottata il 24 giugno scorso sulla salute sessuale e riproduttiva ed i relativi diritti nel quadro della salute delle donne. Tale risoluzione esorta gli Stati Membri a depenalizzare l’aborto, a rivedere le proprie disposizioni giuridiche nazionali in modo da garantire che su richiesta l’aborto sia legale nelle prime fasi della gravidanza e, quando necessario, anche oltre, se la salute o la vita della persona in stato di gravidanza sono in pericolo. Due diversi ambiti di competenza, violenza di genere e salute sessuale e riproduttiva, su cui sono state adottate risoluzioni assolutamente convergenti. Per quale motivo le dichiarazioni del Papa hanno avuto grande risonanza e le deliberazioni del Parlamento Europeo non hanno trovato pari considerazioni? Se il Parlamento europeo ha sentito la forte necessità di deliberare in ambiti contigui e in un lasso di tempo così breve, dopo le decisioni assunte dalla Polonia, si può presumere che abbia avvertito l’urgenza di invertire una tendenza che reputa pericolosa? In tutto questo dibattito, come si porrà San Marino? Da tempo il nostro paese sta negoziando con l’Unione Europea un accordo di Associazione che prevederà una sua maggiore integrazione con gli Stati Membri: ci si chiede, che incidenza avrà su questa trattativa il fatto che le donne sammarinesi, nel caso in cui facciano ricorso all’IVG, siano perseguibili penalmente? Il Referendum del 26 settembre si colloca in un momento storico quanto mai attivo sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza. Ci auguriamo che il popolo sammarinese dimostri al proprio Parlamento e all’Europa che anche in tema di diritti è pronta ad una più ampia integrazione con l’Europa stessa.
Cs  Comitato Promotore


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