Futsal: Moldavia, alla scoperta di Chisinau

Come ogni grande città che si rispetti, anche Chisinau fonde la sua nascita con la leggenda: le due parole in moldavo antico “chi?la nou?” che compongono il nome della capitale, significano “sorgente nuova”. Parrebbe infatti che alcuni monaci ortodossi – scoperta un sorgente d'acqua in questa zona – decisero di erigere qui la Chiesa di San Masaracchio.
Chisinau è l'unica sporcata di modernità in un paese che si presenta spoglio, arretrato e in gran parte rurale ed agricolo. I tetti in eternit delle case, i fatiscenti mezzi di trasporto che è impossibile non notare nella periferia in cui alloggia la Nazionale, ne sono testimonianza diretta.
Travagliata la storia della città, che – divenuta centro di rifugio per gli ebrei in fuga dai sentimenti antisemiti che stavano emergendo sulla fine del XIX secolo – si trasformò in teatro di pogrom all'inizio del 1900. Le Grandi Guerre poi fecero passare Chisinau dal controllo del Regno di Romania all'URSS, salvo poi tornare sotto le truppe rumene a seguito dell'Operazione Barbarossa e divenire definitivamente sovietica nell'autunno del 1944. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e il violento terremoto che piegò la popolazione capitolina nel 1977 resero necessaria una ricostruzione, che prima edile divenne anche culturale dall'indipendenza ottenuta nel 1991 quando con le parole d'ordine glasnost' e perestrojka (trasparenza e ricostruzione), Michail Gorba?ëv ne proclamò il distaccamento dell'ormai ex Unione Sovietica.

da Chi?in?u

Luca Pelliccioni

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