Lituania-San Marino: riviviamo la beffa da bordo campo con le immagini di Giuseppe Marzi

Quando tutto lo stadio fischia di paura e Matteo Vitaioli la mette li', manca ancora una vita. Ma i lituani sono in dieci e non fanno grandi cose perché a parte quel gol in apertura non è che abbiano fatto granché.
I reparti tengono le distanze, si soffre quando si deve soffrire e si riparte quasi sempre. Tanti che la Lituania presto si abbona alla palla lunga a cercare i centimetri dei suoi lungagnoni. Il pubblico rumoreggia, insomma e' tutto apparecchiato per il secondo punto nel girone anche se con l'approssimarsi della fine i ragazzi perdono un po' di campo. Della Valle d'esperienza pulisce un paio di volte e quando Benedettini arriva li' con la punta delle dita pare proprio non ci sia più margine per prender gol. Ma il calcio e' come una malattia che decide di colpire senza apparenti demeriti. E la partita finisce qui poi ci sarebbe da scomodare la letteratura. Il portiere cantato da Umberto Saba si materializza quassù nella terra di Ildebrando, perché quando in pieno recupero succede questo tutti siamo un po' Benedettini, un po' Barbosa e tutti siamo soli con la testa tra le mani. Siamo Triste, Solitario y Final come il romanzo sudamericano del sudamericano Soriano. Perché perdere al novantesimo inoltrato e' un dolore che in ogni parte del mondo hanno provato e dal quale San Marino può e deve ripartire pensando che giocarsela, adesso, e' più di un sogno. E che la prossima volta al 92' quel lungagnone lo marcheranno in tre.

Roberto Chiesa

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