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Il commiato dei Capitani Reggenti Ugolini-Zafferani a conclusione del semestre

18 mar 2011
Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,
Onorevoli Membri del Congresso di Stato,
in chiusura di questa sessione del Consiglio Grande e Generale – l’ultima del nostro mandato – desideriamo formulare a tutti voi un breve indirizzo di saluto.
Il semestre che sta per terminare è stato sicuramente molto impegnativo, caratterizzato da momenti politici tesi e, purtroppo, da conflittualità forti.
Le difficoltà che il Paese sta vivendo, e che vanno acuendosi, sono state infatti molto più spesso occasione di contrapposizione, di difesa dei propri interessi particolari e di negazione di responsabilità piuttosto che di ricerca di unità e di atteggiamento mirato alla ricerca di soluzioni condivise.
Parliamo di contrapposizioni a livello di forze politiche, ma anche a livello di rapporti fra le parti sociali, nonché fra queste ultime e la politica.
Non spetta a noi dare giudizi sull'utilità e sulle responsabilità di questi atteggiamenti, che sono certamente del tutto legittimi: esprimiamo però rammarico, perché la creazione di un nuovo clima di condivisione e di responsabilità era una delle condizioni che nel nostro discorso di insediamento avevamo indicato come imprescindibili per far uscire il Paese dalle attuali difficoltà.
La consideriamo tuttora imprescindibile ed esprimiamo ancora una volta l'auspicio che il prosieguo del confronto politico sui tanti temi strategici per il futuro del Paese possa avvenire in termini costruttivi: il che significa - come abbiamo già detto in altre occasioni - che ogni realtà, politica o sociale, deve sentirsi investita della responsabilità di fare proposte, suggerire nuove soluzioni, immaginare nuovi modelli.
Il tutto in un'ottica generale, che non miri cioè solo alla difesa dei propri iscritti o dei propri elettori, ma soprattutto a fare ciò che serve nell’interesse collettivo, anche qualora ciò richiedesse delle rinunce.
E che il Governo deve porsi in una prospettiva di dialogo, disponibile a confrontarsi e a mettersi in discussione di fronte ad ipotesi e proposte serie e strutturate che vengono da tutte le parti coinvolte. Se questo avverrà, allora noi crediamo che il Paese potrà davvero uscire rafforzato dalla fase storica che sta vivendo e ritrovarsi più forte e più consapevole della propria dimensione e delle proprie potenzialità; se, al contrario, prevarranno le ragioni della divergenza e dei particolarismi, allora il dibattito si manterrà sterile e conflittuale, le soluzioni più efficaci non si troveranno e la Repubblica non potrà che incamminarsi verso il rischio di un declino.
Sono tanti i temi su cui questo Paese necessita di trovare momenti di confronto aperto e di soluzioni nuove rispetto a modi di pensare e agire del passato: il rapporto con l'Italia e con l'Europa, la riforma fiscale, la lotta alle infiltrazioni della criminalità organizzata, le politiche di riduzione della spesa e di ricerca di nuove entrate, le linee dello sviluppo economico, la politica delle relazioni industriali ed in generale del mercato del lavoro, la politica ambientale, il sistema pensionistico.
Il tutto, valutando forme efficaci di semplificazione legislativa, che si rende quanto mai necessaria per la piena operatività della ripresa del nostro Paese. Uniformare tutte le norme che afferiscono ad una stessa materia non rappresenta solo una fonte di riordino del quadro normativo, ma anche di accessibilità dello strumento legislativo, che risulta più chiaro e di più snella applicazione.
Sono provvedimenti di grande urgenza, su cui l'attualità economica e sociale del Paese impone una riflessione attenta, onesta e responsabile ma soprattutto allargata, in modo che le politiche che si intraprenderanno abbiano continuità nel tempo e siano meglio accettate dalla popolazione. La cittadinanza oggi chiede soluzioni ai problemi, non conflitti e sterili diatribe.
Abbiamo avuto occasione di contatto, in questo semestre, sia con i singoli cittadini sia con le aziende e grande è stata la preoccupazione manifestata rispetto alle prospettive future, ed in particolare per il futuro dei giovani.
Ed è proprio su questo tema che vogliamo compiere una riflessione conclusiva, perché qui si gioca una parte importante del futuro del Paese.
C'è il rischio di un conflitto fra generazioni: i giovani oggi, non solo a San Marino ma in tanti altri Paesi cosiddetti ricchi e progrediti, si trovano ad avere meno opportunità dei genitori i quali a loro volta non sono in grado di dar loro prospettive concrete.
La vicina Italia sta vivendo dinamiche preoccupanti: scende il livello di istruzione, sempre meno giovani si iscrivono all'Università a causa del fatto che lo studio e la formazione non rappresentano più garanzia di crescita professionale; si riducono le opportunità di impiego qualificato, perché si è investito poco sulla qualità e sulla tecnologia, e si diffonde il pensiero per cui, per i giovani istruiti, la ricerca di occupazioni a basso valore aggiunto debba diventare la normalità e non una temporanea eccezione.
Si sta in sintesi perdendo il senso dell'importanza per lo sviluppo economico dell'investimento in capitale umano, nella creatività e nella ricerca di nuove opportunità.
Per questo, sempre più il lavoro viene considerato dai giovani non tanto un elemento di crescita e realizzazione, in cui cercare di migliorarsi e professionalizzarsi, ma una cosa che si è costretti a fare per vivere, vissuto come un fastidio, in una condizione di sfruttamento e di precarietà, e senza soddisfazioni.
Non a caso, non solo sta vertiginosamente crescendo il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto un livello prossimo al 30%, ma si sta anche riducendo il tasso di partecipazione alla forza lavoro: molti giovani di età inferiore ai 35 anni, pur non studiando e non lavorando, semplicemente rinunciano a ricercare un'occupazione, ed entrano nel circuito del lavoro nero e delle occupazioni occasionali.
Ed è quest'ultimo, forse, il dato più clamoroso e preoccupante, assieme alla fuga verso l'estero delle menti più brillanti che escono dall'Università e al calo del lavoro autonomo, della propensione a correre il rischio di mettersi in proprio per fare impresa, anche a causa di una grande difficoltà di accesso al credito e ad una incapacità del sistema finanziario di selezionare le idee migliori.
Inevitabile il corollario: sempre meno famiglie, con sempre meno figli, e aumento delle condizioni di disagio sociale e solitudine.
Quella della vicina Italia può sembrare forse una realtà lontana da noi, ma riteniamo che i segni di queste tendenze si comincino a palesare anche in Repubblica, dove percepiamo le conseguenze delle stesse dinamiche economiche, tra l'altro ancor più amplificate in questo periodo.
Concludiamo il nostro mandato riformulando ancora una volta un appello già più volte lanciato: quello ad affrontare con serietà ed urgenza da un lato il tema della riforma del mercato del lavoro, del collocamento e delle sue regole: non basta, infatti, far ricadere la responsabilità sugli uffici amministrativi che cercano di applicare le leggi, ma occorre avere il coraggio di intervenire su quelle leggi per favorire la ricerca di occupazione e il ricollocamento dei disoccupati; dall'altro lato, il tema delle linee dello sviluppo economico del Paese, che va ripensato dopo la fine dei modelli competitivi precedentemente sfruttati: occorre delineare un progetto che identifichi quanto prima i settori da incentivare, e su questi tari la politica fiscale, quella delle infrastrutture e la formazione del capitale umano.
Invitiamo anche ad una riflessione sulle politiche per favorire l'imprenditoria giovanile, da una parte perché un Paese che non permette ai giovani di trasformare in impresa le proprie idee e le proprie intuizioni non ha speranza di migliorarsi e, dall'altra, perché ai giovani dobbiamo insegnare che la società è in grado di capire e di premiare il loro impegno, la loro volontà e il coraggio di rischiare, perché è nelle crisi che si riesce a generare maggiore innovazione.
Sono temi connessi e assolutamente strategici non solo a livello economico, ma anche e soprattutto per il mantenimento della coesione sociale, mai come ora a rischio.
Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,
Onorevoli Membri del Congresso di Stato,
confidando ancora una volta nel senso di responsabilità degli attori politici e sociali, Vi ringraziamo sentitamente per la collaborazione con la quale abbiamo lavorato e per averci accompagnato in questo nostro percorso reggenziale, in questo nostro viaggio; grazie anche ai componenti dell'Ufficio di Segreteria, della Segreteria Istituzionale, ai donzelli, al personale di Palazzo Pubblico, alla Guardia del Consiglio, alla Guardia di Rocca, alla Gendarmeria e Polizia Civile.
Auguriamo infine un buon lavoro ai Capitani Reggenti eletti, Maria Luisa Berti e Filippo Tamagnini, consapevoli che li attenderanno nuove e importanti sfide da vincere per la nostra Repubblica.

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