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Legge elettorale: gli ultimi accordi

13 apr 2007
Palazzo pubblico
Palazzo pubblico
5 giorni prima della seduta del 23 aprile, quando il Consiglio Grande e Generale sarà chiamato ad approvare la legge di iniziativa popolare che modifica il sistema elettorale sammarinese, la maggioranza aprirà il tavolo di confronto con tutte le forze politiche per definire gli ultimi accordi sulla bozza di legge.
I tre partiti di governo stanno infatti ridiscutendo la norma transitoria e il diritto di tribuna. "E’ nata la consapevolezza - spiega il Presidente del Psd, Giuseppe Morganti - che la norma transitoria stoni con la legge, che cioè quella che viene chiamata norma antiribaltone applicata da subito, senza avere avuto il mandato popolare, sarebbe una forzatura. Si va verso il superamento anche del diritto di tribuna perché - sottolinea Morganti - creerebbe un effetto commissione, frammentando il quadro politico e penalizzando i partiti maggiori".
L’intesa della maggioranza sul voto estero prevede il ripristino dei seggi per gli elettori residenti fuori territorio e adeguate norme per garantire l’informazione politica e assicurare a tutte le liste condizioni di parità rispetto agli elettori all’estero; la modifica dell’articolo 394 del codice penale che cancella la responsabilità di chi è stato fatto oggetto di particolari attenzioni da parte dei candidati, per consentire di denunciare liberamente l’abuso e combattere comportamenti illeciti; il mantenimento dell’articolo 7 della legge sulla cittadinanza.
Questa mattina la maggioranza è tornata a prendere in esame la questione del secondo turno e le preoccupazioni avanzate sul fatto che il premio di maggioranza - fissato in 35 consiglieri - potrebbe essere troppo forte.
Spiega il Presidente del Psd: "se – ad esempio - la coalizione vincente ottenesse 24 seggi, un premio di 11 sarebbe troppo forte, comportando un netto scostamento dal proporzionale. Siamo ben disposti - conclude Morganti - ad accogliere la richiesta di non stravolgere il sistema proporzionale, ma non vogliamo lasciare che i partiti tornino a gestire i governi".

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