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L'era dell'invidia social(e): quando si preferisce l'identità online a quella reale

Nell'epoca del digitale, l'invidia che si crea sui social network è un fenomeno sempre più comune. Vengono paragonate vite reali e vite online, dove però non è permesso essere "imperfetti". Si tratta di un "piacersi attraverso il plauso degli altri".

di Ylenia Mami
10 lug 2021
Foto: pixabay
Foto: pixabay

Viviamo nell'era dell'invidia sociale: i giovani fingono una vita che non hanno sui social, le ragazze sfoggiano corpi perfetti che, però, ritoccano e che le portano a rimanere a casa se non si sentono all'altezza. Si invidia chi fa meglio, ma l'obiettivo è quello di essere invidiati dagli altri. Si sviluppa sempre più questa depressione causata dal confronto sui social: definita paragonite dall'esperta Windy Dryden. Prima di Facebook e Instagram questo era limitato, perché la competizione si creava solo tra persone direttamente in contatto, mentre ora, con l'avvento dei social, la situazione è peggiorata.



Ogni giorno le persone vengono bombardate da foto di corpi perfetti e vacanze fantastiche, si sa che esistono i filtri e che l'hashtag #nofilter è una bugia, ma la parola chiave è “apparentemente” , perché sui social gli altri sembrano sempre più felici. Nel mondo digitale, ci si sente in dovere di stare sempre bene e ci si vergogna, invece, quando si è tristi. Si vedono vite perfette e non ci si rende conto che i social network impongono un paragone continuo: si cerca sempre di sembrare migliori degli altri. Si arriva perfino a desiderare che la propria vita sia quella mostrata sui social. L’effetto di questo comportamento è l'invidia, che non fa distinzioni: che si tratti del vicino, del vip, del collega, dell'amico, non importa.

Secondo uno studio condotto presso l'Università di Copenaghen, iniziamo a provare invidia quando confrontiamo la nostra vita quotidiana con i momenti importanti di altre persone, che, in realtà, è tutto ciò che i social media fanno continuamente. Se si cade nella trappola del confronto tra la propria vita privata con i personaggi mostrati online dagli altri, si è destinati a sentirsi inferiori. I social hanno ovviamente avvicinato le persone alle celebrità, evidenziando sempre di più le differenze, soprattutto quelle economiche. Infatti, il momento in cui l'invidia raggiunge livelli estremi, è il periodo delle vacanze. Ognuno ha disponibilità economiche diverse e si prova invidia quando si vedono le foto, perché non tutti possono permettersi vacanze costose. Negli adolescenti, amici e amiche ricoprono un ruolo sempre più importante perché si confrontano tra loro e questo genera stress anche nei genitori, perché non possono offrire ai propri figli una vacanza da sogno e gli stessi invidiano chi, invece, può permettersela.

Qualche anno fa, una ricerca condotta da psicologi e psicoanalisti ha dimostrato che il detto l'invidia è femmina non sia proprio corretto; infatti, questo sentimento è provato maggiormente dagli uomini: 78% contro 43% delle donne, analizzando 1300 persone fra i 25 e i 50 anni. Oggetto di invidia, però, sembrano essere più le donne, con il 66%.



Per questo sentimento, si arriva anche a fare del male ad altre persone, come il caso di Eleonora e Davide, uccisi a Lecce nel settembre 2020 dal loro coinquilino solo perché troppo felici. A questo proposito è stata intervistata, da HuffPost, Elena Pulcini, docente di Filosofia all'Università di Firenze:“ In una società di identità fragilissime, la felicità altrui è la prima cosa di cui siamo invidiosi. Se il risentimento pervade ogni aspetto della personalità, la violenza sembra l'unico sollievo”.

Il ragazzo, di 21 anni, è cresciuto nell'era digitale ed è stato quindi chiesto alla docente quanto hanno influito i social nel creare nel soggetto invidia e risentimento. “Sono devastanti. Hanno certamente molti aspetti positivi, ma anche conseguenze dannose. Si pensi alla logica del like: io posto qualcosa, una frase, una foto, per ottenere un “mi piace”. Certamente non è un meccanismo obbligato ma, se applicato, può portare a uno svuotamento, a una superficializzazione della personalità. Non si tratta solo del desiderio di apparire, quello lo possiamo ricondurre anche alla televisione, ma di volontà di piacere. È un passo ulteriore: è il piacersi attraverso il plauso degli altri. E questo accade perché siamo in una società di identità fragilissime, nella quale piacere all’altro fa sentire vivi”.

È dunque sempre più importante saper distinguere ciò che è online da ciò che è realtà, perché i due mondi non sono la stessa cosa. La vita reale è fatta anche – e soprattutto - di difetti, sconfitte, delusioni che in quella virtuale sembrano non esistere. Ma ciò che è ancora più difficile è non cadere nella tentazione di paragonarsi agli altri, giungendo perfino a gioire dei successi altrui, senza sperare – per capirci - che i progetti dell'invidiato vadano in fumo. L'invidia, se ben gestita, può addirittura trasformarsi in un vantaggio, ma solo se usata come strumento di motivazione per spingerci a migliorare. La chiamano invidia “buona”, che non è altro se non un atteggiamento che di fronte a questo sentimento favorisce uno stimolo positivo o una reazione di pura accettazione della realtà.




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