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Don Mangiarotti: Il nostro «Te Deum» per la vita

28 dic 2020
Don Mangiarotti: Il nostro «Te Deum» per la vita


Qualche tempo fa mi è capitato di essere ripreso da un credente che mi rimproverava per l’insistenza con cui sottolineavo, nei miei comunicati, il tema della difesa della vita, la difesa dei bimbi non nati e uccisi nel ventre materno. Anzi, quel signore mi diceva di avere pure suggerito ad amici del mondo della comunicazione di silenziare i miei interventi. Per fortuna, grazie a Dio, molti amici – pur avendo convinzioni diverse dalle mie – hanno continuato a dare spazio alla mia voce. Riflettendo su questo fatto, mi è accaduto di leggere queste note del Papa emerito, che mi paiono illuminanti e convincenti. Ve le propongo, come riflessione su questo «annus terribilis» e auspicio per un futuro di luce: «Ad una diffusa fetta dell’opinione pubblica costituita dai benpensanti può sembrare esagerato e inopportuno - anzi, addirittura fastidioso - che si continui a riproporre come questione decisiva il problema del rispetto della vita appena concepita e non ancora nata. Dopo i laceranti dibattiti concomitanti alla legalizzazione dell’aborto, avvenuta nell’ultimo quindicennio in quasi tutti i Paesi occidentali, non si dovrebbe considerare ormai risolto il problema ed evitare quindi di riaprire superate contrapposizioni ideologiche? Perché non rassegnarsi ad aver perso questa battaglia e non dedicare invece le nostre energie a iniziative che possano trovare il favore di un più grande consenso sociale? Restando alla superficie delle cose, si potrebbe essere convinti che, in fondo, l’approvazione legale dell’aborto abbia cambiato poco nella nostra vita privata e nella vita delle nostre società. In fondo, tutto sembra continuare esattamente come prima. Ognuno può regolarsi secondo coscienza: chi non vuole abortire non è costretto a farlo, chi lo fa con l’approvazione di una legge - così si dice - forse lo farebbe comunque. Tutto si consuma nel silenzio di una sala operatoria, che almeno garantisce condizioni per una certa sicurezza dell’intervento: il feto che non vedrà mai la luce è come se non fosse mai esistito. Chi se ne accorge? Perché continuare a dare voce pubblica a questo dramma? Non è forse meglio lasciarlo sepolto nel silenzio della coscienza dei singoli protagonisti? … Il riconoscimento della sacralità della vita umana e della sua inviolabilità senza eccezioni non è … un piccolo problema o una questione che possa essere considerata relativa, in ordine al pluralismo delle opinioni presente nella società moderna.
Il testo della Genesi (Gen 9, 5-6) orienta la nostra riflessione in un duplice senso, che ben corrisponde alla duplice dimensione delle domande che ci eravamo posti all’inizio:
1) non esistono “piccoli omicidi”: il rispetto di ogni vita umana è condizione essenziale perché sia possibile una vita sociale degna di questo nome;
2) quando nella sua coscienza l’uomo perde il rispetto per la vita come cosa sacra, inevitabilmente egli finisce per smarrire anche la sua stessa identità.» (J. Ratzinger, L’Europa di Benedetto)

Quest’anno ha riproposto, attraverso il dramma della pandemia, la riflessione sulla vita e sulla morte, mettendo in evidenza sia la necessità di una difesa tenace di tutte le vite, soprattutto quelle più deboli (e anche tra noi, il giudizio su questo tema proposto dal Comitato di Bioetica ha assunto un rilievo confortante), sia la bellezza del prendersi cura che ha segnato la vita di moltissime persone, sia tra gli operatori nel campo della sanità che tra i molti che non si sono fermati di fronte al bisogno dei fratelli.
Vogliamo recitare anche quest’anno, con forza e consapevolezza, il nostro «Te Deum laudamus». La forza della difesa tenace della vita e la consapevolezza di un compito (anche culturale) nel promuovere scelte di vita che aprano alla speranza di un bene per tutti. Quella cultura che ha fatto dire a Romano Guardini, un grande educatore dei giovani in un periodo segnato dalla brutalità del nazismo: «È la personalità a dare agli uomini la loro dignità. Essa li distingue dalle cose e li rende soggetti [...]. Si tratta una cosa come se fosse una cosa quando la si possiede, la si usa e alla fine la si distrugge o - detto per gli esseri umani - la si uccide. Il divieto di uccidere l’essere umano esprime nella forma più acuta il divieto di trattarlo come se fosse una cosa» (I diritti del nascituro).
Saremo allora, ancora, per questo motivo quella «Antica terra della libertà» che potrà dare rifugio agli uomini che la abitano e speranza a coloro che ci incontreranno.

Comunicato stampa
Don Gabriele Mangiarotti


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