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Istituto Sicurezza Sociale: "La buona sanità è quella integrata"

28 gen 2016
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Il dicembre 2015 ,il sig. MM di anni 55 da circa 7 giorni lamenta fastidio e bruciore in OD , dove non riesce più a portare la lente a contatto.
Circa 3 anni prima è stato sottoposto nello stesso occhio a un trapianto di cornea dal dott. Mularoni per un cheratocono molto avanzato.
Viene visitato dal suo oculista che gli fa diagnosi di ulcera corneale e fa 3 accessi a distanza di 7 giorni circa fra loro nei pronto soccorsi oculistici della sua città dove gli viene data terapia antibiotica in collirio vengono fatti gli esami colturali da un prelievo di materiale corneale che risultano negativi.
Il pz lamenta un peggioramento progressivo della sintomatologia con perdita del visus, che è inferiore ad 1/10.
A questo punto visto l’aggravarsi progressivo del quadro clinico e l’inefficacia delle terapie consigliate chiede al suo oculista di potersi rivolgere al dott. Mularoni, suo chirurgo per il trapianto di cornea ed esperto di patologia corneale.
Gli viene detto che il dottore ora lavora presso l’ospedale di Stato di San Marino. Dopo un contatto telefonico il paziente viene visitato presso gli ambulatori del servizio oculistico dell’Ospedale di San Marino , dove viene riscontrata un ulcera corneale molto estesa che ha opacizzato il trapianto di cornea e azzerato la vista del paziente.
Il quadro è molto grave, si è perso molto tempo e rischia di compromettere la funzione visiva in maniera permanente.
L’aspetto clinico fa sospettare una ulcera di natura fungina, molto rara e molto aggressiva : a questo punto è necessaria una stretta cooperazione fra più servizi: oculistico, laboratorio, centro farmaceutico, che viene prontamente attivata.
L’oculista , dopo aver documentato la situazione clinica con un fotografia eseguita con un sofisticato sistema digitale, esegue un prelievo corneale e insemina delle piastre, prontamente fornite dal laboratorio, con terreno specifico per la crescita dei funghi. Inoltre, cosa fondamentale e fin qui trascurata, chiede al paziente l’ultima lente a contatto indossata e il liquido in cui è stata conservata, che risulterà fondamentale per l’identificazione dell’ agente patogeno.
Viene contattato il centro farmaceutico dell’ospedale per la preparazione ed il reperimento di colliri antifungini, non disponibili in Italia e difficili da trovare anche in altri paesi , che invece il centro riesce a fornire in breve tempo.
In poche ore il paziente può già iniziare una terapia specifica, in attesa del risultato del laboratorio.
Il paziente viene controllato ogni 3-4 giorni: all’inizio il quadro si stabilizza, poi c’è un progressivo lento miglioramento. Nel frattempo dal laboratorio arrivano notizie di positività per un fungo , che quindi conferma la diagnosi.
Dopo circa un mese di cure e controlli il paziente può dirsi guarito, avendo superato una situazione molto critica per la vista e per il trapianto di cornea precedentemente eseguito , che ora è salvo.
All’ultimo controllo il visus è di 10/10 con correzione.

Ufficio Relazioni Pubbliche - 28 Gennaio 2016

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