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Lavoro occasionale: è davvero il pomo della discordia?

27 lug 2021
Lavoro occasionale: è davvero il pomo della discordia?

Avevamo deciso di non replicare a determinate prese di posizione, ma se a sostegno di queste si portano elementi che non corrispondono alla realtà diventa necessario. Non è vero che le ore annue sono state elevate a 1.500 per dipendente, ma sono state fissate a 500: 1.500 è il massimo utilizzabile da ogni operatore economico. Peraltro, le 70 giornate annue massime precedentemente previste per ogni lavoratore, se moltiplicate per 7 ore giornaliere (ma potevano anche essere di più) danno lo stesso risultato. Occorre poi ricordare che l’operatore economico poteva assumere più persone nell’arco dell’anno, esattamente come ora, ma con la differenza che 1.500 ore adesso sono un limite invalicabile, mentre prima poteva essere superato. Vogliamo pensare che le dichiarazioni apparse sulla stampa nei giorni scorsi siano frutto di una svista, dovuta ad una partecipazione disattenta alla trattativa, e non che si voglia gettare fango su chi invece lo ha fatto con convinzione. In ogni caso, sfugge il motivo per il quale chi, insieme alla CSdL sulla medesima materia si è battuto fortemente contro il Governo precedente, non perché tutto rimanesse come prima, bensì perché rivedesse le proposte depositate in Consiglio Grande e Generale. L’ultimo comunicato della CSU, datato 21 novembre 2017, contestava, come oggi, l’allargamento a tutti i settori e l’ampliamento della misura massima per il suo utilizzo. Poi però calò il silenzio perché quel sindacato unitario trattò con il Governo per rivedere l’impianto iniziale e ne scaturì il testo che diventò l’art. 75 della legge 147 del 2017, ovvero la legge di bilancio per il 2018, che venne ritenuto una mediazione accettabile, da definirsi nel dettaglio attraverso un decreto delegato. Ebbene, quel testo prevedeva già, tra le altre cose, l’estensione del lavoro occasionale a tutti i settori, anche se solo per un massimo di due settimane all’anno per ogni impresa, oltre alla copertura delle assenze per malattia. Per tali nuovi settori poteva sembrare molto meno “flessibile” di quanto non lo sia ora, ma in realtà l’impianto era fondato sul principio che il monte ore fosse proporzionale al numero dei dipendenti: in rapporto a quell’ipotesi, le 1.500 ore annue previste dall’attuale decreto (solo 300 per le attività industriali) sono tante per le piccole imprese, ma irrisorie per quelle grandi. La trattativa che scaturì sulla bozza di decreto attuativo del Governo naufragò diverso tempo dopo, perché alcune Associazioni di categoria si opposero alla parificazione del trattamento economico (anzi maggiorato per compensare l’estrema flessibilità dello strumento), nonostante per il settore turistico si prevedesse un incremento del suo possibile utilizzo. Allora, tale compromesso veniva considerato onorevole, proprio perché l’obiettivo prioritario era dare dignità ai lavoratori di un settore che, oltre ad avere il trattamento economico più basso di tutto il panorama contrattuale sammarinese, non maturavano ferie, tredicesima e TFR (pari a circa un ulteriore 30% in meno). Ora è invece diventato scandaloso. Se qualcuno pensava che le forti prese di posizione avrebbero indotto il Segretario di Stato per il Lavoro a fare integrale retromarcia, noi invece riteniamo che fosse un’illusione. Non si poteva correre il rischio che venisse approvato il primo testo presentato: in tal caso, le imprese avrebbero effettivamente potuto fare ricorso al lavoro occasionale in misura abnorme.
Cs  CSdL


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