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Conto Mazzini, le difese: "le ragioni della morale hanno avuto il sopravvento su quelle giuridiche"

Chiesta l'assoluzione per Mularoni, Macina, Felici, Faetanini e Silva

16 set 2021
Stefano Macina e Claudio Felici in aula
Stefano Macina e Claudio Felici in aula

Per Pier Marino Mularoni, condannato a cinque anni in primo grado per riciclaggio ed associazione a delinquere, l'avvocato Luigi Bacciocchi si richiama alle motivazioni depositate e cita un paio di casi, la vendita dello stabile che ospita Banca Centrale, “il cui prezzo -dice- è stato riconosciuto giusto” e l’immobile di Bologna “avvenuto tramite pubblico rogito e pagamento con assegno in base a legge italiana” per ribadire che non esistono prove che il denaro derivasse da Penta o da reato, sottolinea che ogni rapporto tra il suo assistito e Roberti cessò nel 2009 e chiede l'assoluzione, sia per il riciclaggio che per l'associazione a delinquere (sulla quale ribadisce l'inesistenza di prove).




Tratta poi-parallelamente- le posizioni di Claudio Felici e Stefano Macina, condannati a due anni per il riciclaggio attraverso libretti su cui l'accusa ha sostenuto ci fosse la tangente per le telecomunicazioni. Il legale sammarinese ha ribadito davanti al giudice Caprioli che i due ex leader del Psd- presenti in aula.- non potevano sapere dell'eventuale provenienza illecita del denaro nel libretti al portatore, che Roberti era all'epoca un personaggio accreditato e che nelle testimonianze imprenditori come Murray avevano dichiarato che erano intenzionati a compiere investimenti immobiliari, poi virati su telecomunicazioni. Chiede assoluzione e l'annullamento della confisca. Stessa richiesta per l'imprenditore Moris Faetanini, “I soldi che aveva avuto da Fiorenzo Stolfi – ha affermato – erano per l'acquisto di un terreno e li ha fatti transitare sui conti della sorella, non per riciclarli altrimenti li avrebbe intestati lei direttamente” e chiede l'assoluzione e la revoca della confisca, già contestata a Stolfi.

Da remoto si è poi collegato l'avvocato Romano Cajelli, difensore di Pietro Silva, già amministratore della Fondazione per la Promozione Economica e Finanziaria condannato a 7 anni e che si è sempre dichiarato parte lesa nei confronti di Podeschi. “L'ingegnere ha sempre cercato di difendersi e confidava nell'accertamento della verità del magistrato – dice l'avvocato che nel chiedere l'assoluzione ribadisce - l'inquirente ha invece tirato dritto in un procedimento in cui tutto è stato violato”





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