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#Movember – L’esperto ci spiega chi è a rischio di tumore alla prostata

9 nov 2019
Prof. Francesco Montorsi - primario di Urologia IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
Prof. Francesco Montorsi - primario di Urologia IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano

#Movember, il mese della prevenzione del tumore alla prostata. Il termine, “Movember”, deriva dall'unione di due parole: mustacchi (i baffi) e novembre, coniato per stimolare ogni anno, nel mese in corso, iniziative ed eventi dedicati alla lotta al tumore della prostata.

Benedetta de Mattei ha intervistato il Prof. Francesco Montorsi - primario di Urologia IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – per capire quali sono gli esami chiave per una diagnosi precoce del tumore alla prostata che, se preso in tempo, ha un’altissima percentuale di guarigione.


Professore quanto è diffuso il tumore alla prostata in Italia e quali sono i principali fattori di rischio?

Il tumore alla prostata è la seconda neoplasia solida più frequente nell’uomo e rappresenta circa il 15% di tutte le neoplasie diagnosticate. Il fattore primario di rischio è l’età, il tumore infatti è raro negli uomini al di sotto dei 40 anni, ma diventa più comune con l’avanzare dell’età (l’età media al momento della diagnosi è di 65 anni). Altri fattori che rivestono un ruolo importante nell’insorgenza di questa patologia sono: la familiarità, la dieta occidentale, la razza e lo stile di vita, in particolare obesità e diabete.

Quali sono gli accertamenti chiave per una diagnosi precoce?

La diagnosi precoce è importantissima, poiché prima si individua il problema più alte sono le probabilità di guarire e di farlo attraverso terapie poco invasive. Affinché sia possibile una diagnosi precoce bisogna porre attenzione alla propria salute ascoltando i propri sintomi e sottoponendosi innanzitutto ai dovuti controlli di screening, che sono principalmente due: la visita urologica con esplorazione rettale, l’esame del sangue con il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico). Il PSA rappresenta il marcatore più importante del tumore alla prostata e generalmente dovrebbe essere fatto la prima volta all’età di 45 anni; se il valore è normale il paziente potrà ripetere l’esame successivo dopo 5 anni. Invece, i pazienti con familiarità positiva devono essere seguiti con attenzione e, secondo le linee guida internazionali, devono eseguire un PSA ed una visita urologica con esplorazione rettale ogni anno a partire dai 40 anni di età.

Nel caso in cui invece il PSA risultasse alto entrano in gioco altre modalità di valutazione: grazie a nuove tecniche di imaging, come la risonanza magnetica multi-parametrica, è possibile infatti individuare nella prostata anche tumori di piccole dimensioni, che possono essere trattati evitando interventi demolitivi. É sempre comunque importante rivolgersi a uno specialista preparato che sappia valutare con attenzione il paziente e consigliarlo al meglio.

Quali sono considerati i "valori limite" del PSA?

La normalità è tipicamente dipendente dall’età del soggetto: sotto i 50 anni si considera normale un PSA inferiore a 1 ng/ml. Tra i 50 e 60 anni si considera normale un PSA inferiore a 2 ng/ml e dopo i 60 anni un PSA inferiore a 3 ng/ml. Il PSA può alzarsi oltre a questi limiti per una infiammazione della prostata (prostatite), per un ingrossamento benigno (ipertrofia prostatica o adenoma prostatico) o per un tumore. Tuttavia i livelli ematici di PSA possono variare per molteplici ragioni diverse dal tumore (principalmente ipertrofia prostatica benigna e prostatiti). Per tale ragione, di fronte ad un valore di PSA elevato, è necessario sottoporsi ad esami diagnostici più approfonditi.

Per la cura di questo tumore l'intervento chirurgico robotico è attualmente il più utilizzato, in cosa consiste?

Oggi il tumore della prostata ha un alta percentuale di guarigione: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 90%. Questo è possibile non solo perché abbiamo a disposizione terapie mediche e tecniche chirurgiche sempre più avanzate, ma anche perché è cambiato l’approccio alla malattia, che va sempre di più nella direzione di un intervento mirato e multidisciplinare. Al San Raffaele di Milano negli ultimi 25 anni sono stati operati per tumore della prostata circa dieci mila pazienti. L′arrivo della tecnologia robotica ci ha però offerto l’opportunità di eseguire l′intervento chirurgico con alcuni vantaggi che, nella nostra esperienza, si sono rivelati veramente significativi. Assenza di incisioni cutanee con conseguenti traumi operatori molto ridotti, visione intraoperatoria tridimensionale con ingrandimento dei dettagli anatomici fino a 20 volte, strumenti chirurgici dotati di manovrabilità ed accuratezza d′uso straordinarie. La rimozione della prostata per via robotica ci ha consentito di ottenere risultati, soprattutto in termine di velocità della ripresa della funzione urinaria e sessuale del paziente, superiori a quanto ottenuto con la chirurgia a cielo aperto.

Benedetta de Mattei


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