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Csu: occupazione, dati in chiaroscuro

17 set 2018
Csu: occupazione, dati in chiaroscuro
La buona notizia: il numero degli occupati ha fatto registrare una crescita del 3,6%. La cattiva notizia: la disoccupazione interna resta pressoché stabile, con quella femminile a fare da padrona. La Federazione Industria e la Federazione Servizi della CSU tracciano un quadro in chiaroscuro sulle dinamiche del mercato del lavoro dopo l’uscita dei dati occupazionali relativi al secondo trimestre 2018

“La ridda di prese di posizione che arrivano da più parti – affermano la FLI e la FULCAS - rispetto ai dati sull’occupazione, evidenziano come ognuno li legga a proprio uso e consumo. Ma ancora una volta lo scenario dei numeri ci consegna un quadro di luci e ombre. Le luci sono relative al sensibile incremento del numero degli occupati, una crescita del 3,6%, pari ad oltre 550 in più rispetto al mese di giugno ad un anno fa, ancora una volta prevalentemente ascrivibile al settore manifatturiero. Riteniamo però che ciò non dipenda affatto dalla Legge sviluppo approvata lo scorso mese di novembre. Il merito va in larghissima misura alla congiuntura economica favorevole in essere da alcuni anni e alla propensione agli investimenti degli imprenditori di questo settore, che non sono mai venuti meno neanche durante le fasi peggiori di una crisi ormai decennale. Ciò che è invece ascrivibile alla legge citata è il fatto che l’incremento dell’occupazione riguarda quasi esclusivamente lavoratori frontalieri, a fronte, addirittura, di un aumento dei disoccupati per circa 20 unità”.

Una situazione, sottolineano le Federazioni Industria e Servizi di CSdL e CDLS, “che stride e rischia di diventare esplosiva, anche perché si conferma nuovamente il fatto che i nuovi occupati sono per oltre l’80% assunti con livelli retributivi bassissimi. Il che significa che le imprese non richiedono specifiche professionalità, le quali sarebbero quindi reperibili anche in territorio, oppure non rispettano i contratti di lavoro, non attribuendo ai lavoratori le qualifiche che spetterebbero loro. Come avevamo profetizzato, la famigerata aliquota che le imprese pagano per avere libertà di assumere persone non residenti di fatto viene scaricata sui lavoratori. Gli introiti derivanti da tale aliquota assumono pertanto i connotati di un vero e proprio ‘pizzo di Stato’, in quanto l’Amministrazione incamera risorse attraverso una forma di sfruttamento legalizzato”. Scomponendo ulteriormente i dati,” si evince che l’incremento occupazionale del settore manifatturiero è virtuoso anche per quanto riguarda le assunzioni di lavoratori sammarinesi e residenti, che superano quelle dei frontalieri. Ne consegue che il fenomeno è opposto negli altri settori e ciò non è accettabile”.



L’analisi delle Federazioni sindacali punta poi l’attenzione sul fronte della disoccupazione: “Il dato più negativo è quello relativo alla disoccupazione femminile, che continua a costituire i due terzi del totale. Questo a fronte di un aumento dei lavoratori frontalieri del 6,9% con riferimento al genere maschile e del 9% con riferimento al genere femminile”.

E sottolineano che il positivo aumento delle assunzioni fatto registrare a luglio e il conseguente decremento dei disoccupati pari a circa 50 unità rischia di essere un dato fittizio.“Non ci accodiamo alle note di giubilo espresse da Governo e maggioranza perché ritenere tale inversione di tendenza strutturale, piuttosto che prettamente stagionale, potrebbe rivelarsi una pia illusione. Occorre poi verificare in che misura abbiano contribuito i nuovi, massicci incentivi introdotti nel mese di luglio”.

“Restiamo convinti – concludono la Federazione Industria e la Federazione Servizi della CSU - che rivedere la liberalizzazione delle assunzioni avrebbe maggiori effetti, oltre a costare molto meno. Chiediamo pertanto nuovamente al Governo di prendere atto che l’attuale normativa non sta dando i risultati sperati e che pertanto va rivista. Una nota positiva della Legge Sviluppo è però doveroso riconoscerla: dopo anni di battaglie sindacali, il principio per il quale una volta assunti i lavoratori frontalieri dovessero avere parità di trattamento è stato raggiunto. Le stabilizzazioni sono state circa 2.800 ed oggi il lavoro precario, ovvero a tempo determinato, è sceso drasticamente fino a circa il 20 % del totale degli occupati. È ancora troppo, in quanto in larga parte ingiustificato, ma almeno quello endemico è stato azzerato”.

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