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Don Mangiarotti: "Viva la sammarinesità!!!"

1 ott 2020
Don Mangiarotti: "Viva la sammarinesità!!!"

Ho letto con attenzione il discorso di insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, sia per l’interesse che provo per la nostra Repubblica, sia per il fatto che Alessandro Cardelli era stato mio alunno quando insegnavo religione nella Scuola Superiore. Il difetto del professore? No, credo il desiderio di vedere come i giovani possono crescere e realizzare il cammino che la convivenza scolastica ha, in qualche modo, reso possibile. Spero che quanto affermato dalle loro Eccellenze sia preso come ipotesi di lavoro, suggerimento per un cammino comune fecondo e costruttivo. Innanzitutto per il fatto che sono dei giovani a proporcelo (e mi colpisce che qui tra noi la politica interessi seriamente dei giovani, e spero che – nel giusto e doveroso rispetto per coloro che hanno dato la vita per il bene comune – sia sempre più possibile il dialogo delle generazioni). Che cosa mi ha colpito del discorso di insediamento? Innanzitutto il richiamo al «rapporto speciale che unisce la Repubblica di San Marino, fermamente ancorata alla tradizione cristiana del suo Santo Fondatore, alla Santa Sede e al suo Pontefice». Una storia originale, cioè che una istituzione «laica» come uno stato moderno abbia come fondatore un santo, e che l’inizio del mandato dei responsabili ultimi della vita sociale si svolga nella Pieve, durante una celebrazione eucaristica, e che il discorso d’insediamento sia del Nunzio Apostolico, questa è una caratteristica della nostra vita che non possiamo sottovalutare. In questo drammatico periodo della nostra storia (basta pensare ai continui richiami alla pandemia da parte di tutti gli oratori) credo sia importante riscoprire il ruolo del popolo e della sua originalità all’interno del cammino comune: la fede cristiana di molti non può costituire un accessorio privato, ma realizza la possibilità per tutti di costruire la casa comune. Quando il Vescovo, nel suo accorato richiamo alla tragedia dei primi uomini, presente nel racconto di Caino e Abele, ci ha invitato a riscoprire la fratellanza che nasce dal riconoscimento di Dio come nostro Padre, se pur avrà avuto presente l’insegnamento biblico che abbiamo imparato dal catechismo, ha proposto un insegnamento universale, per cui basta la ragione per condividerlo. Nella certezza che la grazia nata dalla fede lo potrà rendere effettivo e universalmente riconosciuto. Ma una parola dei Capitani Reggenti mi è risuonata con particolare fascino, ed è il richiamo alla «sammarinesità». Abbiamo un volto e una storia che ci caratterizzano e rendono il nostro paese un unicum che indica anche la responsabilità che abbiamo, tutti noi. Mentre sembra che l’onda comune ci trascini verso l’omologazione, che fa dire ad alcuni che dobbiamo adeguarci ai modelli di comportamento delle altre nazioni (da costoro definite addirittura «più civili»), il custodire con tenacia ciò che è proprio (la sammarinesità, appunto) mi pare il suggerimento più «rivoluzionario» che raccolgo da questa giornata. E mi pare che nella accoglienza e nel rispetto della vita, dal suo inizio e nelle sue forme più deboli, stia il cuore del nostro popolo, come ci ha ricordato il nostro Vescovo nella Messa di insediamento. La vita, quella vita che sembra il capolavoro dell’universo, che nell’uomo assume il volto tenero e fragile della maternità e della pazienza (dai piccoli concepiti agli anziani in ogni loro situazione) la vita è il dono da custodire e da proteggere, e questo è il compito e il dovere di un popolo, prima ancora che dei politici, e di cui i politici dovranno farsi carico se vorranno essere coerenti con la loro missione. In un periodo in cui spesso si sentono voci contrarie, la fermezza e la chiarezza senza compromessi sono la condizione della sopravvivenza di un popolo e della sua felicità. Come non augurare ai nostri giovani Capitani Reggenti che mantengano con forza e fierezza l’impegno della «sammarinesità»? Ho letto questa frase che mi ha colpito, in questi giorni: «Ribelle – ma forse sarebbe meglio dire più semplicemente uomo vero – è colui che ha un profondo, innato rapporto con la libertà»: quella libertà che ci fa testimoni e artefici di un cammino vero per tutti.

c.s. don Gabriele Mangiarotti


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