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Su: Ivan Foschi, la democrazia relativa

12 apr 2016
Su: Ivan Foschi, la democrazia relativa
Uno spettro si aggira per il Titano… da un po’ di tempo, infatti, si agita da più parti il pericolo per una possibile scomparsa della Democrazia! In quanti dibattiti, in quanti comunicati di alcuni partiti, comitati, organizzazioni, categorie economiche ci si sente chiamare a raccolta per “difendere la democrazia” da chi minaccia di togliercela? Quello che una volta era confronto, e anche scontro dialettico, è ad oggi diventato una battaglia di “resistenza”, tanto che una qualunque associazione o rappresentanza diventa una sorta di Comitato di Salute pubblica che, prima di tutto difende le Istituzioni, il Popolo, i Diritti dei Cittadini, e poi (ma solo casualmente…), le istanze che interessano la propria parte politica o di categoria!
Spesso si trovano opinioni opposte ma analogamente legittime: c’è ad esempio chi sostiene che in un referendum debba decidere solo chi va a votare, quindi senza alcun quorum, poiché chi non partecipa si disinteressa e deve accettare le decisioni prese da altri. C’è però chi sostiene che se una legge è approvata dalla maggioranza assoluta dei rappresentanti dei popolo, cioè dal Parlamento, occorra almeno un quorum minimo di cittadini per sconfessarla, senza che questo significhi minacciare la democrazia. Proprio perché il Parlamento rappresenta comunque la maggioranza dei Cittadini elettori e pertanto, per ribaltare una sua decisione, sia necessario un numero preciso di consensi, altrimenti significherebbe che una minoranza prevale sulla maggioranza.
Per altri versi, se la Caritas, o qualunque altro ente umanitario, decide di accogliere nelle proprie strutture alcuni stranieri bisognosi di aiuto, deve per forza chiedere “l’opinione dei cittadini” altrimenti significa non rispettare la volontà popolare? Potrei condividere la necessità di interpellare la comunità se si pretendesse la disponibilità degli alloggi dei singoli cittadini, ma nel momento in cui questo non toglie nulla a nessuno, per quale motivo un ente benefico non può fare quello che gli pare in casa sua?
O ancora, sostenere che i lavoratori siano più tutelati da un contratto nazionale unico anziché da una contrattazione fatta in ogni singola azienda, e dunque lasciata alla buona volontà del singolo imprenditore, significa non avere una visione democratica? Sostenere che siano più rappresentativi 10 datori di lavoro che in tutto impiegano 1000 dipendenti è forse meno democratico di sostenere che lo siano maggiormente 50 datori di lavoro che in tutto impiegano 100 persone? Chi dunque ritiene che sia più importante un contratto che riguarda 1000 lavoratori anziché 100 è dunque un nemico della democrazia?
Come si vede l’argomento della “emergenza democratica” è molto relativo e declinabile a seconda delle convenienze, ma questo con tutta probabilità sta a significare che non è davvero in gioco la sopravvivenza della nostra Democrazia e che, più verosimilmente, per coloro che sono a corto di argomenti è più facile gridare allo scandalo agitando irrealistiche minacce di sciagura imminente se non si fa come costoro richiedono. Più difficile è rispettare le opinioni altrui, contrastandole anche aspramente ma senza delegittimare chi le esprime, come se quelli che non la pensano allo stesso modo fossero tutti incapaci, corrotti, o portatori di interessi reconditi.
Allora forse la vera “emergenza democratica” è quella di non riuscire più a confrontarsi nel merito delle questioni ma dovere fare a ricorso a toni da crociata come se ad ogni votazione avessimo dall’altra parte un’orda di barbari anziché un gruppo di avversari politici con una proposta diversa dalla nostra. La Democrazia è una cosa seria, è un valore assoluto, non relativo, che nessuno può permettersi di strumentalizzare a suo piacimento ma un patrimonio comune che tutti dobbiamo rispettare anche scontrandoci su visioni differenti.
Voltare pagina e avviare la Repubblica verso una stagione nuova passa anche da qui.

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