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Movimento Rete: "C’è Gabriele e Gabriele"

2 dic 2015
Movimento Rete: "C’è Gabriele e Gabriele"
Movimento Rete: "C’è Gabriele e Gabriele"
Nel 1988 avevo sei anni. E mentre la mia più grande preoccupazione era quella di cercare di ambientarmi in prima elementare, Gabriele Gatti era già "Mister Preferenza" con i suoi 3000 e rotti voti. Sono passati ventisette anni e ancora i giornali e il paese intero parlano di lui. Non certo per il suo encomiabile operato ma per l'arresto, avvenuto il 17 ottobre scorso, nell'ambito delle indagini sul Conto Mazzini. Anche per Gatti, come era già accaduto per Claudio Podeschi e Fiorenzo Stolfi, la carcerazione è stata motivata dal rischio di reiterazione del reato e falsificazione delle prove. Anche per Gatti i magistrati parlano di associazione a delinquere e riciclaggio, tangenti, condizionamento del libero esercizio del voto ecc.

Secondo il tribunale, l'attività dell’associazione a delinquere e dei soggetti che le ruotavano attorno ha creato uno stato di benessere apparente che sta alla base della grave crisi attuale. Si legge nell’ordinanza di arresto:“Per preservare il potere i partiti tradizionali sono diventati un comitato elettorale per fabbricare voti con filiali sparse nel Paese e all’estero. Le ingiustizie ed i danni prodotti dal clientelismo, dal voto di scambio, dalla corruzione erano in parte mitigati (quanto alla percezione) e giustificati in nome di un benessere che, tuttavia, non proveniva affatto dallo sviluppo economico quanto piuttosto dall’indebitamento pubblico”.
"Benessere apparente". Ricordiamoci questa espressione la prossima volta che qualche politico giustificherà l'aumento delle tasse o un nuovo taglio dei servizi con la scusa che "c'è la crisi e dobbiamo tirare la cinghia". La crisi non c'è, è stata creata ad arte. Non a caso il "benessere apparente” ha coinciso con l'immobilismo trentennale della Repubblica e con la svendita di dignità della cittadinanza. Tutti si tormentano, giustamente, per la pessima immagine della Repubblica fuori confine ma a me preoccupa molto di più l'abbruttimento e l’imbarbarimento dentro i nostri confini, l’incapacità di immaginare un paese in cui il benessere collettivo e sostenibile si sostituisca a quello “apparente”.

Continuano a chiamarli "big", gli "uomini forti" - Claudio Podeschi, Fiorenzo Stolfi, Gabriele Gatti. Gli "uomini forti" della Democrazia Cristiana e del Partito dei socialisti e dei democratici. Hanno suscitato e suscitano ancora, in parte, il timore reverenziale di parte della popolazione e addirittura dei membri dei loro ex partiti. Ma cosa definisce un uomo "forte", un "big"? Il fatto che abbia fatto carriera politica grazie al voto di scambio? Il fatto che si sia arricchito alle spalle della cittadinanza? Il fatto che abbia manipolato e strumentalizzato le leggi, le istituzioni, la pubblica amministrazione, le nomine diplomatiche, il tessuto economico? Perché è di questo che parlano i fascicoli del tribunale e se gli addebiti verranno confermati avremo la certificazione, casomai ce ne fosse bisogno, del baratro in cui ci siamo infilati.
Ma per un Gabriele Gatti indagato, c’è un altro Gabriele che ha speso e continua a spendere la propria vita a combattere per un altro tipo di società. Una società in cui le persone operano per i valori di verità, giustizia e pace e non per l’arricchimento personale a discapito di un’intera collettività.

È Gabriele Nicolini, il nostro Presidente Onorario, il nonno di RETE. Lui è il nostro “uomo forte”, un esempio di vita, una forza della natura che, negli anni, in ogni singola esperienza personale, ha cercato di seminare per la comunità: dall’educazione dei figli a quella degli atleti, dalle esperienze associative agli incontri con i bambini delle scuole. Sono questi gli esempi concreti e positivi di cui il nostro paese ha bisogno. Persone che non hanno timore di mettersi in prima fila contro le ingiustizie, contro la mafia; persone che non hanno paura di pretendere il rispetto dei diritti e delle libertà dei propri concittadini.
Un antico proverbio cinese dice:" Quando punti il dito per condannare, tre dita rimangono puntate verso di te". Ora che il dito è puntato contro i fautori del vecchio sistema, saremo capaci di rinunciare ai privilegi personali per un bene più grande, che è quello del paese?

Comunicato stampa
Marianna Bucci
Movimento RETE

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