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A 75 anni dal massacro di Sant’Anna di Stazzema

12 ago 2019
Immagine di repertorio
Immagine di repertorio

Alle prime luci dell’alba del 12 agosto 1944, alcuni reparti di SS accompagnati da fascisti e collaborazionisti salirono nel paesino di Sant’Anna di Stazzema, nel lucchese, e compirono una strage. Gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro in quanto civili inermi, restarono nelle loro case. Alle sette il paese era circondato. In poco più di tre ore furono massacrati 560 innocenti. Chiusi nelle stalle dai nazisti vennero uccisi a colpi di mitra e bombe a mano. I tedeschi diedero poi fuoco alle case per distruggere e cancellare ogni traccia e interrompere definitivamente ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane nella zona.

A metà degli Novanta venne scoperto un armadio contenente centinaia di fascicoli archiviati sulle stragi nazifasciste in Italia. Cominciò allora un lavoro di ricerca che portò nel 2004 al processo contro i responsabili ancora viventi dell’eccidio di Sant’Anna. Il processo di concluse con la condanna all’ergastolo di dieci ufficiali e sottufficiali che avevano partecipato all’azione. La sentenza venne confermata in Appello e Cassazione, ma non potè mai essere applicata. Nel 2012 la procura di Stoccarda archiviò l’inchiesta dopo aver rifiutato l’estradizione delle ex SS.

Oggi a ricordare l'eccidio, fra gli altri, l'assessore della Regione Emilia-Romagna Emma Petitti. “Fu l'inizio di un folle disegno di sterminio”, scrive sul proprio profilo Facebook. “Il 12 agosto 1944 nel piccolo paese appenninico i nazisti uccisero centinaia di persone inermi. La verità processuale è arrivata nel 2005, ma resterà per sempre indelebile il segno di tanta ferocia”.


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