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Forza Mihajlovic! Sergio Amadori, presidente Ail, ci spiega la sua malattia

12 ott 2019
Sergio Amadori
Sergio Amadori

Sinisa Mihajlovic ha completato il secondo ciclo di cure contro la leucemia ed è stato dimesso dall'Ospedale Sant'Orsola di Bologna in cui era ricoverato dal 9 settembre. I valori ematici dell’allenatore serbo sono in linea con le aspettative dei medici e può tornare a casa per una pausa in famiglia.

Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Sergio Amadori – Presidente Nazionale AIL e Professore Onorario di Ematologia presso Università Tor Vergata di Roma – sulla leucemia che ha colpito Sinisa Mihajlovic, e che in Italia provoca 3.000 nuove diagnosi ogni anno.

Cosa è la leucemia?

La parola Leucemia comprende un gruppo di malattie tumorali del sangue diverse tra loro, che possono essere distinte in croniche e acute. Le forme croniche di leucemie, hanno un decorso lento e poco aggressivo mentre le forme acute di leucemie sono molto aggressive e progrediscono velocemente. Tra le forme acute, in base alle cellule da cui origina il tumore, si distinguono la leucemia linfoide, e la leucemia mieloide. Chiaramente le forme più gravi sono le leucemie acute e in particolare la leucemia mieloide acuta.


Nel caso di Sinisa Mihajlovic è emerso che si tratta di una Leucemia Mieloide Acuta. Come si sta curando?

Si questa diagnosi è stata dichiarata dallo stesso Mihajlovic e anche confermata dai colleghi di Bologna che lo tengono in cura. Data la sua giovane età, la terapia scelta per la leucemia mieloide acuta è una chemioterapia intensiva, fatta di cicli terapeutici che hanno lo scopo di distruggere le cellule malate e recuperare il residuo di midollo sano che ripopolerà il midollo con cellule normali. Il risultato che si cerca di ottenere si chiama remissione completa della malattia. Ma questo è solo il primo passo verso la guarigione perché subito dopo bisognerà fare la terapia di consolidamento e infine, se necessario, il trapianto di cellule staminali che è l’arma più potente per sconfiggere la leucemia mieloide acuta. Il trapianto viene riservato ai pazienti che presentano un “profilo genetico molecolare ad alto rischio”, anche una volta ottenuta la remissione completa della malattia, mentre negli altri pazienti viene utilizzato solo in seconda battuta laddove si andasse incontro ad una ricaduta della malattia.

Quali sono i primi campanelli d’allarme e i sintomi della Leucemia Mieloide Acuta?

A volte la malattia si presenta in maniera del tutto asintomatica, e il paziente scopre di esserne affetto casualmente tramite un prelievo del sangue, ma nella maggior parte dei casi la malattia si annuncia con alcuni dei seguenti sintomi:

-febbre persistente
-infezioni ricorrenti
-eccessiva stanchezza
-pallore cutaneo
-sanguinamenti spontanei
-lividi sudorazione notturna
-ingrandimento di un linfonodo, o della milza
-gengive ipertrofiche o sanguinanti facilmente
-dolori ossei
-perdita di peso

A quali esami sottoporsi per una diagnosi?

Il primo esame a cui sottoporsi per una diagnosi di leucemica acuta è l’emocromo perché il midollo osseo viene invaso da cellule maligne che proliferano e il midollo sano, che produce globuli bianchi, globuli rossi e piastrine va in netta minoranza. Di conseguenza si abbassano i globuli rossi e l’emoglobina mentre aumentano i globuli bianchi. A questo punto bisogna recarsi con urgenza ad un pronto soccorso, dove è presente l’ematologia, per eseguire l’esame del midollo ed entro 24 ore si avrà la diagnosi anche di tipizzazione (mieiloide o linfoide). Infine si farà il profilo genetico molecolare, un’indagine che richiede circa una settimana, per capire il rischio genetico e definire il programma terapeutico più adeguato.

Si guarisce dalla Leucemia Mieloide Acuta?

Nei soggetti giovani, dove si effettua appunto la chemioterapia intensiva iniziale, seguita da 2 o 3 cicli di consolidamento e l’eventuale trapianto, la guarigione avviene nel 50% dei casi. Le cose vanno meno bene nei soggetti anziani per cui non sempre la terapia intensiva e il trapianto di midollo possono essere utilizzati a causa delle tante malattie che accompagnano questi pazienti (diabete, ipertensione, sindrome coronarica, bronchite cronica, ecc). Spesso si utilizza dunque una terapia “di ripiego”, meno aggressiva, per cercare di ottenere il miglior risultato possibile ma negli anziani globalmente la guarigione avviene purtroppo in meno del 20% dei casi. Fortunatamente negli ultimi dieci anni anche per questi soggetti sono venuti alla luce dei farmaci innovativi meno tossici che possono comunque portare a delle buone remissioni, a volte anche complete, della malattia. Questa è l’area in cui la ricerca deve continuare a lavorare per trovare delle terapie tollerabili dall’anziano ma nello stesso tempo più efficaci . 

Benedetta de Mattei





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