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Tumore al polmone, l’esperto spiega campanelli d’allarme e fattori di rischio della malattia che ha colpito Paolo Rossi

12 dic 2020
Il prof. Lorenzo Spaggiari
Il prof. Lorenzo Spaggiari

La morte di Paolo Rossi ha sconvolto l'Italia che lo ricordava come l'eroe dei Mondiali dell'82. Dopo essersi sottoposto pochi mesi fa ad accertamenti diagnostici, per via di un forte dolore alla schiena, la diagnosi purtroppo è stata terribile: tumore ai polmoni.

Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Lorenzo Spaggiari - Direttore del Programma Polmone e della Divisione di Chirurgia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore Ordinario, presso l’Università degli studi di Milano – per capire quali sono i campanelli d’allarme a cui fare attenzione e come diagnosticare tempestivamente questo tipo di tumore. 

Quanto è diffuso oggi il tumore al polmone in Italia?
In Italia ogni anno 45.000 vengono colpite da tumore al polmone, ma il vero problema è che la mortalità è spaventosa: siamo ancora al 15% di possibilità di guarigione, quindi l’85% di pazienti con tumore al polmone muore. Questo è dovuto principalmente alla mancanza di diagnosi precoce. Il tumore al polmone se diagnosticato tempestivamente nelle fasi iniziali guarisce e la percentuale di guarigione è altissima mentre in stadio avanzato, nonostante ci siano oggi delle terapie efficaci, è purtroppo molto limitata. E’ dunque un vero “big killer”, il tumore per cui si muore di più in assoluto.

Quali sono i principali fattori di rischio?
Il principale fattore di rischio è il fumo. Si ritiene infatti che circa l’85% dei tumori al polmone sia legato al fumo di sigaretta, un’abitudine che purtroppo non siamo stati ancora in grado di eradicare dalla popolazione e soprattutto le nuove generazioni sembra siano insensibili ai messaggi che vengono mandati quotidianamente dalla comunità scientifica. Altri due fattori di rischio sono il fumo passivo e l’inquinamento, che moltiplica di tre volte il rischio di sviluppare un tumore al polmone (rispetto alle 20 del fumo di sigaretta). Stiamo dunque parlando di cifre importanti. Non vi è invece ad oggi nessuna dimostrazione scientifica sulla cosiddetta “familiarità” come fattore di rischio.

Quali sono i campanelli d’allarme nel tumore al polmone?
Il problema grosso è che il tumore al polmone quando è piccolo e guaribile non dà sintomi, questo deve essere molto chiaro. Il nodulo del tumore polmonare in fase iniziale non dà alcun sintomo e quando compaiono spesso è tardi. In fase avanzata ci possono essere: espettorato striato di sangue, tosse, dolori in particolare extra toracici, che equivalgono alle metastasi ossee. Per questo motivo la diagnosi precoce risulta strategica, ed oggi ne abbiamo la dimostrazione scientifica, con almeno due studi pubblicati su riviste internazionali di impatto mondiale. L’ultimo è lo studio Nelson pubblicato sul New England Journal of Medicine, che dimostra come l’utilizzo della tac spirale a basso dosaggio nei pazienti forti fumatori dopo i 50 anni riduce di poco meno del 30% la mortalità per cancro al polmone. Se consideriamo il sottogruppo delle donne si può arrivare anche al 33%, quindi utilizzare la tac spirale nelle fumatrici riduce di un terzo la mortalità per tumore al polmone. La RX non basta, è stato ampiamente dimostrato, non fa diagnosi precoce. I calcoli della spesa sanitaria vengono sempre fatti sull’oggi, fare uno screening di questo genere è sicuramente costoso, ma il problema è che se non faccio la tac oggi questo paziente ad alto rischio domani mi farà spendere molto di più poiché dovrò curarlo. Effettuando un ottimo screening non solo si salverebbero molte vite ma si attuerebbe anche un’economia sociale molto importante. 

Come si arriva alla diagnosi?
Il paziente a rischio si sottopone alla tac e nel caso si riscontri un piccolo nodulo, questo viene poi studiato attraverso una tac con mezzo di contrasto più sofisticata e una PET, che valuteranno la diffusione del nodulo nell’organismo perché un nodulo può essere piccolo ma già metastatico, quindi bisogna essere sicuri che non vi siano metastasi. Se non ce ne fossero il tumore può essere oggi asportato con delle tecniche mini invasive che prevedono l’utilizzo della robotica. Il Robot Da Vinci ha rivoluzionato questo tipo di intervento, così come anche la laparoscopia avanzata 3D, e oggi è possibile fare degli interventi radicali con un’invasività assolutamente limitata in questi pazienti. Se diagnosticato precocemente la curabilità di questo tumore è di oltre il 90%.

Quale impatto sta avendo il Covid sui tumori polmonari?
Il Covid ha avuto, e sta avendo, un impatto davvero importante per tre motivi. Il primo è che il lockdown ha creato nella popolazione a rischio un lockdown psicologico personale, ossia il paziente ha paura di andare negli ospedali, che vengono visti un po' come ricettacolo della malattia virale. Il secondo è che le persone che eseguono interventi di altra natura (ad esempio il paziente fumatore di 70 anni che deve operarsi di cataratta, di ernia o altro ancora) generalmente fanno uno screening radiologico prima si sottoporsi all’intervento e nel corso di questi screening trovavamo dei piccoli tumori, erano i pazienti che facevano una diagnosi precoce per degli esami polmonari eseguiti per altre patologie. Questi non ci sono più perché i pazienti non vengono più operati per queste cose. Infine ci sono i veri pazienti che eseguivano lo screening polmonare, i quali rimandano per paura di andare in ospedale. Tutto ciò quindi influenza drammaticamente sulla diagnosi precoce del tumore del polmone. Recentemente abbiamo fatto una valutazione calcolando quanti pazienti abbiamo operato con diagnosi precoce nel 2019 e quanti ne abbiamo operati quest’anno, e la differenza è veramente molto significativa. Lo stadio 1, che è lo stadio guaribile, quest’anno lo operiamo pochissimo mentre lo scorso anno era tra i pazienti il più frequente. Ciò significa aver perso questi pazienti, che diventeranno stadio 2 o 3 e li ritroveremo in modo “pandemico” tra 6 mesi-1 anno in una fase avanzata. C’è un’altra faccia della medaglia però incredibile, perché la medicina ci stupisce tutti i giorni: sto vedendo persone su cui facciamo una diagnosi di tumore al polmone che hanno avuto il Covid: il virus ha creato sintomi respiratori in pazienti che si sono dunque sottoposti a una tac, che ha rilevato, oltre alla patologia infiammatoria polmonare, un piccolo tumore. Dunque in alcuni casi stiamo registrando anche questo paradosso: il Covid ha portato alcuni pazienti a fare una diagnosi precoce. E questo ancora una volta sottolinea la grande importanza di una diagnosi tempestiva.

Benedetta de Mattei  



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