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Vacanze estive, figli soli a casa e uscite tra amici: come coltivare una sana autonomia

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Rosita Guidi, psicologa scolastica, che sottolinea: essere in relazione con il proprio figlio è la chiave per un rapporto di fiducia

16 ago 2023
Vacanze estive, figli soli a casa e uscite tra amici: come coltivare una sana autonomia

Tempo libero, vacanze estive, scuole chiuse: se per gli studenti l'estate è sinonimo di libertà, per le famiglie la rottura della routine domestica, dettata dalle attività scolastiche ed extra scolastiche, pone non pochi problemi di logistica. Si ricorre così all'iscrizione ai centri estivi, all'aiuto dei nonni o delle baby sitter. A volte capita però che qualche incastro possa saltare così da lasciare per un po' i figli da soli a casa. Ma quando è lecito farlo? In più il clima e il tempo libero creano anche per i ragazzi più possibilità per iniziare ad uscire con gli amici. Come accompagnare questa nuova autonomia?

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Rosita Guidi, psicologa scolastica a San Marino.

Partendo dalle norme, quando è possibile lasciare soli i figli a casa?

In Italia le norme fissano il limite di età perchè un minore possa essere lasciato solo a casa ai 14 anni. A San Marino non c’è nei decreti un termine analogo, quindi si considera che fino ai 18 anni il responsabile sia il genitore, anche se i 14 anni sono posti come età della punibilità anche sul Titano. Le valutazioni del rischio vanno fatte in base all’età e al carattere del bambino. Sono diversi i fattori da considerare: ad esempio se sono indipendenti e responsabili o piuttosto se siano timorosi, quanto è il tempo che devono trascorrere da soli e anche se abitino nelle vicinanze adulti di riferimento che abbiano facile accesso al minore. Valutare se il proprio figlio può stare da solo è importante per diminuire i rischi nei quali si può incorrere: la sensazione di essere solo può creare ansia e paura.

Ovviamente lasciare da solo un bambino di 5 anni o uno 14 ha implicazioni diverse dal punto di vista emotivo, ma non cambia la responsabilità legale. Se invece è un neonato ad essere lasciato a casa da solo va valutata attentamente la situazione ed eventualmente ricorrere al giudice tutelare. In ogni caso, se si arriva ad un intervento del tribunale, sono il diritto comune e la consuetudine a tracciare la via: si valutano la storia pregressa della famiglia, eventuali precedenti, anche del minore, e tutti i fattori in campo.

Come fare a garantire un corretto sviluppo dell’autonomia?

Come sempre al centro del rapporto tra genitore e figlio va messa la costruzione di una buona relazione di dialogo. Se fin dai primi anni di vita è stata costruita una relazione, tutto risulta più naturale. Il processo di sviluppo, per qualsiasi aspetto si stia prendendo in considerazione, va accompagnato. Per quel che riguarda il lasciare i ragazzi a casa da soli si può partire con brevi momenti al termine dei quali è importante chiedere come si siano sentiti e se qualcosa li abbia preoccupati.

Se a 15 anni si può andare a ballare, ma non si può stare a casa da soli come può un genitore orientarsi?

Vale anche in questo caso la stessa regola: essere in relazione con il proprio figlio consente di conoscersi realmente e di poter così accompagnare un processo. Con accompagnare non si intende soltanto dal punto di vista logistico del trasporto, ma passando per step nel processo di autonomia esterno alla famiglia. E' molto importante lanciare il messaggio “mi fido di te”. Sapere di avere un attaccamento sicuro con la propria famiglia è il modo migliore per fare sì che i figli siano adolescenti prima e adulti poi, in grado di affrontare l’indipendenza e le sfide nel mondo. Vanno quindi contrattate regole sugli orari, sugli spostamenti e sui luoghi da frequentare. Non bisogna mai avere paura di dire dei no: è la responsabilità che abbiamo da genitori nei loro confronti quella di saper porre dei limiti, chiari e certi.

Sono ormai installate su tutti i telefonini le app di tracciamento. Come comportarsi con questi strumenti?

Ecco le app sono appunto strumenti: non hanno quindi una connotazione assolutamente positiva o negativa, dipende da quale uso se ne fa. Nel caso un genitore le utilizzi non sta lanciando per forza il messaggio “non mi fido di te” al proprio figlio, ma anzi, consolida il suo ruolo di tutore nell'affermare la sua responsabilità di verificare. D'altra parte se lo strumento viene utilizzato in maniera compulsiva per controllare ogni minuto il figlio come fosse un guinzaglio, allora il messaggio che mandiamo diventa di sfiducia. La fiducia è un rapporto a due che va coltivato ogni giorno e in ogni contesto ed è alla base di ogni sana relazione genitore/figlio.





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