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Una persistente risposta pacifica all’ingiustizia

22 lug 2017
Una persistente risposta pacifica all’ingiustizia
Trent’anni fa, la comunità baha’i in Iran ha intrapreso uno sforzo notevole. Dato che l’accesso all’istruzione formale era stato loro negato da parte delle autorità del Paese pur dopo numerosi appelli, i baha’i iraniani hanno creato un programma informale di istruzione superiore nelle cantine e nei salotti in tutto il paese con l’aiuto di professori e docenti universitari baha’i che erano stati licenziati a causa della loro fede. Questo programma è ora conosciuto come l’Istituto baha’i per l’istruzione superiore (BIHE).

Fin dalla sua nascita, il BIHE ha aiutato migliaia di persone, molte delle quali sono state accettate in un centinaio di università del mondo per proseguire gli studi universitari. Molti laureati della BIHE che completano i loro studi post-laurea all’estero torneranno in Iran per servire le loro comunità.

Grazie ai progressi della tecnologia, gli studenti del BIHE sono ora seguiti da professori di tutto il mondo. Coloro che offrono le loro competenze e conoscenze per l’educazione dei giovani baha’i in Iran possono verificare coi propri occhi gli alti ideali degli studenti e il loro impegno nel perseguimento del sapere.

«I baha’i rispondono all’ingiustizia senza soccombere alla rassegnazione o assumere le caratteristiche del loro oppressore», ha spiegato Diane Ala’i, rappresentante della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a Ginevra, citando una lettera della Casa Universale di Giustizia.

«Questa», ha detto, «è la definizione fondamentale della resilienza costruttiva».

«Naturalmente, i baha’i non sono gli unici che hanno risposto all’oppressione in modo non-violento e positivo, ma essi stanno trovando un modo diverso di farlo: cercano di fare la propria parte nel servire la loro comunità insieme con gli altri», ha detto la signora Ala’i.

Sebbene le autorità iraniane stiano facendo molti sforzi per compromettere il funzionamento del BIHE, attaccando centinaia di case baha’i e di uffici associati, confiscando materiali di studio e arrestando e imprigionando decine di docenti, il BIHE è cresciuto significativamente negli ultimi tre decenni. Esso si basa su una varietà di persone ben informate sia all’interno sia all’esterno dell’Iran pronte ad aiutare i giovani a studiare un crescente numero di temi di scienze, scienze sociali e arti. Nel complesso, il BIHE non solo è sopravvissuto per trent’anni, ma è cresciuto.

Studiare con il BIHE non è facile. Non essendo un’università pubblica, esso non dispone di finanziamenti e molti studenti svolgono lavori a tempo pieno. Spesso devono attraversare il paese per frequentare lezioni mensili a Teheran. A volte, gli studenti devono trasferirsi da una casa in un quartiere della città a un’altra a metà giornata, perché questi sono i soli spazi disponibili per le lezioni. Nonostante queste difficoltà logistiche, gli studenti raggiungono alti livelli accademici.

«Ho parlato con alcuni studenti del BIHE: mi hanno detto che quando un loro insegnante è stato arrestato e messo in prigione e tutti i materiali sono stati confiscati, essi si sono ugualmente riuniti per la classe», ha detto Salim Vaillancourt, il direttore della campagna L’educazione non è crimine, che si propone di far conoscere il problema della negazione dell’educazione ai baha’i in Iran. «Questi studenti hanno continuato a studiare insieme, pur non avendo un insegnante. Questo è stato il loro atteggiamento, che a loro non è sembrato ragguardevole. Hanno solo detto: questo è ciò che dobbiamo fare, perché avevamo preso un impegno».

L’istruzione universale è una credenza fondamentale della Fede baha’i e quando le autorità in Iran hanno cercato di negare agli studenti baha’i questo sacrosanto diritto, la comunità baha’i ha trovato una soluzione pacifica — senza mai rinunciare ai suoi ideali, senza mai arrendersi al suo oppressore e senza mai opporsi al governo. Per decenni, ha cercato soluzioni costruttive, una dimostrazione della sua antica resilienza.

In Iran, la persecuzione dei baha’i fa parte della politica ufficiale dello stato. Un memorandum del 1991 approvato dal Leader supremo dell’Iran Ayatollah Ali Khamenei afferma chiaramente che i baha’i «devono essere espulsi dalle università, tanto nell’atto dell’ammissione quanto nel corso degli studi, non appena si venga a sapere che sono baha’i».

I baha’i in Iran sono colpiti anche da altre forme di persecuzione. Una lettera aperta inviata il 6 settembre 2016 dalla BIC al Presidente dell’Iran richiama la sua attenzione sull’oppressione economica che i baha’i del paese devono sopportare. La lettera mette in evidenza la stridente contraddizione tra le dichiarazioni sostenute dal governo iraniano per quanto riguarda la giustizia economica, l’uguaglianza per tutti e la riduzione della disoccupazione da un lato e gli incessanti sforzi per impoverire una sezione dei suoi cittadini dall’altro.

«La comunità baha’i in Iran non intende lasciarsi inghiottire tranquillamente dalla notte. Non intende lasciarsi soffocare in questo modo», ha detto il signor Vaillancourt.

Un approccio decisamente non conflittuale all’oppressione caratterizza l’atteggiamento baha’i verso il cambiamento sociale. La risposta baha’i all’oppressione si basa sulla fede nell’unità del genere umano. Essa riconosce la necessità della coerenza tra la dimensione spirituale e quella materiale della vita. Si basa su una prospettiva a lungo termine caratterizzata da fede, pazienza e perseveranza. Richiede obbedienza alla legge e un impegno ad affrontare l’odio e la persecuzione con l’amore e con la gentilezza. In breve, la caratteristica fondamentale di questa posizione è la sua enfasi sul servizio per il benessere del prossimo.

«Penso che stiamo vedendo oggi nel mondo il crollo di comunità che nessuno avrebbe mai pensato potessero decadere così facilmente. Ci siamo resi conto che vivere fianco a fianco non è sufficiente. Abbiamo bisogno di vivere insieme e di conoscerci e il modo migliore per conoscerci è quello di incominciare a lavorare per il miglioramento della società», ha detto la signora Ala’i.

«Mentre i baha’i in Iran incominciavano a comportarsi in questo modo, altri iraniani hanno imparato a conoscerli e a capire che molto di ciò che avevano sentito dire di loro da parte del governo e del clero era una menzogna. Mentre si inserivano maggiormente nella vita delle comunità in cui vivono, i baha’i hanno visto un enorme cambiamento dell’atteggiamento degli altri iraniani verso di loro».

La risposta baha’i all’oppressione non è oppositiva, ma si propone di raggiungere più alti livelli di unità. Non auspica solo l’azione collettiva, ma anche la trasformazione interiore.

Questa strategia è consapevolmente impiegata dalla comunità baha’i. Superando la tendenza a reagire all’oppressione, alla guerra o alle calamità naturali con l’apatia e la rabbia, la risposta dei baha’i contrappone alla disumanità la pazienza, all’inganno la sincerità, alla crudeltà la buona volontà e persegue un’azione a lungo termine, utile e produttiva.

L’Istituto baha’i per l’istruzione superiore racchiude in sé tutti questi elementi.

«Il BIHE è un’impresa straordinaria», ha commentato il signor Vaillancourt. «Potrebbe essere la forma meno conosciuta, più longeva e di maggior successo di risposta pacifica all’oppressione che la storia abbia mai visto. Esso è il miglior esempio che conosco di questo particolare atteggiamento baha’i di reagire alle persecuzioni o alle provocazioni del nostro tempo, cercando di mantenere un atteggiamento, una postura e una risposta di resilienza costruttiva».

Comunicato stampa

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