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Ambulanza come "taxi", la psicologa: "Alla base c'è uno scollamento con la realtà e mancanza di empatia"

Sull'episodio avvenuto domenica scorsa a Riccione abbiamo sentito la dottoressa Rosita Guidi, psicologa scolastica a San Marino

di Angela Giuccioli
13 lug 2023
Ambulanza come "taxi", la psicologa: "Alla base c'è uno scollamento con la realtà e mancanza di empatia"

Follia, stupidità, leggerezza: troppo facile liquidare con banalità il gesto dei due giovani nord africani che domenica scorsa hanno utilizzato un’ambulanza del 118 come fosse un taxi per arrivare da Coriano a Riccione. Un gesto deprecabile, condannato a più livelli dai sanitari, dalla politica, dagli stessi utenti del web, anche se erano di ben altro tenore i commenti a corredo del video, rigorosamente postato, prima che si sollevasse il polverone mediatico: "siete dei grandi", "il video più bello che ho visto quest’anno".

Abbiamo così cercato di approfondire cosa possa esserci alla base con la dottoressa Rosita Guidi, psicologa scolastica a San Marino.

In che quadro possiamo inserire fenomeni di questo tipo? Non si può più di certo parlare di ragazzata quando si utilizzano risorse sanitarie come fossero personali e per ottenere qualche like?

C’è uno scollamento sempre più forte con la realtà: si è sempre meno consapevoli di quello che accade veramente on life rispetto quello che accade on line, come i due mondi siano collegati. L’empatia, che sta alla base del riconoscere l’altro, il rispettare l’altro, è sempre meno esercitata e insegnata. Come ogni sentimento va conosciuto, non viene da solo, va coltivato. In una società carente di empatia ci sono io e tutto mi è permesso, è come se tutto fosse lecito. Il perdere poi le tracce, tra i meandri della giustizia, di quale sia la punizione per chi si macchia di questo tipo di reati, crea davvero un diffuso senso di permissivismo.

Si ha l’impressione che video virali con contenuti discutibili si trovino sempre più spesso in rete.

L’effetto imitativo è insito nell’uomo, c’è sempre stato: anche quando non c’era il web, ma solo i tradizionali tg e si parlava di giovani che lanciavano i sassi dai cavalcavia ci sono stati poi molti casi di emulazione. La rete ovviamente amplifica tutto questo. Non c’è distinzione di classe, istruzione e spesso non si tratta nemmeno di persone che si trovano sotto l’effetto di droghe o alcol: semplicemente le ricadute reali di quello che viene fatto per essere pubblicato in rete, non vengono appieno percepite.

E tutti coloro che osannano gli autori?

Quelli non fanno altro che incentivare a continuare su quella strada. Noi viviamo per il rimando che gli altri ci danno: non importa se siano reali o finti, ma ci gratifica e diventano quindi uno sprone. L’insicurezza è talmente radicata che l’approvazione della quale si ha bisogno è continua. Il confine tra realtà e finzione è sempre più labile, con la realtà virtuale potrebbe diventarlo ancora di più, e se quindi non abbiamo conferme nella nostra vita reale, andiamo a procacciarle on line creando contenuti che possano garantircele.

Viene quindi da chiedersi se la famiglia abbia un ruolo o possa avere la capacità di fermare questo tipo di tendenze.

La famiglia è il nostro luogo di accudimento primario e svolge un buon lavoro quando sa lasciare partire dal nido i figli avendogli fornito le competenze che li mettano nelle condizioni di saper fare le loro scelte. Ma la crisi della genitorialità è forte: si tende a proteggere i figli da ogni tipo di frustrazione, da ogni insidia della vita e questo non li rende poi pronti ad affrontarla per davvero. Si entra in situazioni patologiche dove da una parte si delega fuori dalle mura di casa l’educazione dei figli, ma poi da quelle mura non li si vuole fare uscire. 





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